martedì 29 ottobre 2013

Quando uno dice free kiss e un altro capisce Friskies


Sono diventata quel genere di persona che alle scale mobili continua a camminare e s'incazza se non trova libera la parte sinistra.
Ok che siete turisti, ma io no. Ho degli orari e sono sempre in ritardo e voi dovete spostarvi.
Sono diventata quel genere di persona che corre e cammina e mentre fa entrambe le cose scrive sms e parla al telefono.
Però, sono felice.
Di una felicità che non riesco a spiegare e che probabilmente non traspare neanche da questo blog.
Non so perché ma qui non mi viene mai voglia di scrivere le cose divertenti che mi capitano. Sarà che è l'unico spazio dove mi concedo ancora di essere me stessa, senza filtri e senza maschere.
Oggi era in metro e sorridevo da sola, a me stessa.
Ci pensi che ci vivi in questa città? Ti ricordi tutte le volte che l'hai sognato? Ti ricordi quand'eri bambina e dicevi che volevi vivere a Roma?
Ecco, ci sei riuscita.
Anche se a casa mi parlano napoletano, faccio ripetizioni a un bambino che non sa una parola d'italiano neanche per sbaglio (e parla napoletano), anche se quando segna il Napoli dalla strada si sente la gente urlare fortissimo, anche se molti indizi direbbero che stai in Campania, in realtà vivi a Roma. Davvero.
Mi piace ascoltare la gente e sui mezzi sono talmente tante le storie che s'intrecciano e vivono davanti i miei occhi che è difficile pure ignorarle.
Stamattina, per esempio, c'era uno a telefono che si disperava perché la moglie doveva farlo uscire proprio venerdì che "gioca aa Roma!".
Poi, Roma è folle e gigante e caotica e poetica e commovente.
E ci sto perdendo un sacco di sonno.
Ogni volta che metto il pigiama e decido di andare a dormire, allora, le coinquiline pensano bene che sarebbe il caso di uscire.
E io che faccio, resto a casa? Ma sei a Roma!
Allora, mi rivesto e ricomincia tutto da capo.
L'altra sera a Campo dei fiori, si avvicina uno che continuava a dire "Free kiss". Una delle due coinquiline mi guarda e fa: "Friskies?!? E che vor dì?".
Questo ci riguarda e se ne esce con un: "italiane? Siete sempre le più belle".
Se lo dici tu.
Sempre la stessa sera, sempre a Campo dei Fiori, un americano s'avvicina e mi prende quasi in braccio, con la sua faccia a un cm dalla mia, mi chiede un bacio.
"One kiss?"
Rispondo di no e sposto la faccia. Questo mi rimette per terra e se ne va.
Che dico: turisti in vacanza a Roma, dovete occuparmi le scale, intralciare la strada e per di più fare i molesti fino a questi livelli?
A parte tutto volevo dirvi che il cielo è sempre bello e che ancora non c'è nessuno con cui condividerlo.
E volevo dirvi che qui fa sempre caldo ma io un po' d'autunno, quello vero, lo desidero un sacco.
Però, sono felice anche se ti dicono "free kiss" e tu capisci "Friskies".
Sono felice.

giovedì 24 ottobre 2013

WOR(L)DS #4



Ecco a voi il pidieffe del terzo wor(l)ds di Zelda
Come vedete il viaggio continua ed è sempre molto appagante.
Adesso quando scrivo non faccio più caso al limite dei 900 caratteri e riesco a chiudere anche a 800 senza problemi. 
Certe volte pensiamo che una cosa bella deve anche essere lunga quando, invece, anche in poche righe si può dire tutto. 

E' inutile che vi dica che è già sul blog il kit per il quinto "capitolo". 
Stavolta, sono un po' in crisi e non ho idea di cosa scriverò ma ci sto pensando. C'è tempo, come sempre, fino a Lunedì sera.

Intanto qui, il mio wor(l)ds #4 (che trovate anche nel pidieffe).


L’orologio nero di Sergio segnava le 22.30. Marina, guardava fuori dalla finestra. 
Lui le aveva appena dato un anello, non uno qualsiasi ma quello che si mette al dito per dire “sì, lo voglio e sarà per sempre”. Non aveva detto sì, era rimasta in silenzio con le lacrime agli occhi. A Sergio, è ovvio, voleva bene ma non poteva davvero sposarlo. Per sempre, è una parola troppo grande anche per lei. 
Le era sembrato di essere stata ingiusta, di avergli conficcato tanti aghi sul cuore. O almeno, ero quello che suggeriva l’espressione di lui. 
In quel momento, in quel preciso istante, Marina realizzò di avere fatto il passo più coraggioso della sua vita ma non poteva fermarsi lì. Pensò a Istanbul e agli occhi dell’uomo che le aveva fatto perdere la testa. Domani avrebbe prenotato un biglietto e sarebbe partita.
Domani sarebbe iniziata la sua nuova vita.
“Sergio, prima o poi, capirà”.

sabato 19 ottobre 2013

WOR(L)DS #3


Continua WOR(L)DS che è un progetto che mi entusiasma e mi appassiona in un modo tutto suo. Non so perché ma negli oggetti, io, ci vedo sempre un po' di tristezza eppure non sono così pessimista di solito. 
Le regole, ve l'ho già detto l'altra volta, non sono tante: 900 caratteri al massimo e un po' d'ispirazione. 
Zelda/Camilla, ogni settimana cambia il kit di scrittura e ogni settimana diventa più interessante.
Per i curiosi, qui c'è il pidieffe con tutte le storie del terzo kit. Ce ne sono di molto belle e, tra l'altro, trovate anche la mia nelle prime pagine (sono molto contenta della cosa e un po' gongolo!).
Mentre qui, trovate tutto il kit materiali per partecipare a WOR(L)DS #4. Che aspettate? Non vedo l'ora di leggere anche voi. 

WOR(L)DS #3


“La neve, tesoro mio, copre tutto, anche i pensieri. Soprattutto quelli. La neve, gioia mia, è come l’amore”. 
Quand’ero bambina, potevo stare delle ore a guardarla e ad ascoltarla mentre spolverava tutte quelle palle di neve.  
Ogni volta che a Roma cadeva la neve pensavo che era nonna a casa che aveva mosso la palla con dentro il Colosseo. Anche quando ci siamo trovati io e  te, abbracciati a scaldarci, mentre la città eterna diventava bianca. 
Tu dicevi che la neve e il freddo si combattono con gli abbracci stretti. Passavamo tutta la notte così, a dimenticare che fuori non c’erano più neanche le strade. 
Solo che prima o poi arriva il sole e la neve sparisce.
Nonna, però, non mi aveva mai detto che la neve si scioglie e l’amore finisce.
Ma ho deciso che non piangerò. Giro la clessidra e quando l’ultimo granello di sabbia sarà dall’altra parte, io avrò finito di soffrire per te. 

mercoledì 16 ottobre 2013

Roma con amore


Io e Roma ci stiamo corteggiando in un modo un po' strano.
Tipo, io faccio la parte della stronza, di quella che la sfida di continuo e cambia direzione, metro, autobus, strade. Come a dire "mollami un po' e fammi perdere una volta".
Lei, invece, mi mostra imperterrita il lato migliore come quelli che ai primi appuntamenti ti aprono la portiera della macchina e ti dicono che sei bellissima, anche se non lo sei.
E quindi, io esco in ritardo e lei mi fa trovare l'autobus sotto casa, io giro a destra piuttosto che a sinistra e trovo lo stesso quello che cercavo.
E poi ride, cioè Roma ride. Ma tanto, eh.
E si fa un sacco di discorsi addosso: i ritardi dell'autobus, i ragazzini che non vanno a scuola e alle 12 sono tutti in giro con l' eastpack in spalla, la Roma, non ci sono più le stagioni di una volta, il capitano, la partita, la crisi, ci siamo lasciati e poi ripresi, la Polverini, Zingaretti, la pizza bianca al metro, No tav, Lampedusa, i fuori sede che sono come gli emigrati e gli emigrati che sono come i fuori sede, ci vieni in assemblea?, zio ci regala il biglietto per l'Iran, devi mangiare sano, stasera ceniamo da mia sorella.
Che io potrei stare per dei giorni in silenzio ad ascoltarla, senza dire una parola, senza annoiarmi mai, senza mai sentirmi davvero sola.
Roma mi continua a regalare storie e le vedo come piccoli doni di benvenuto.
Non c'è una cosa in questa città che non mi parli di vita che pulsa. 
Poi, in realtà non conosco moltissima gente e passo il tempo a leggere e a scrivere sulla moleskine. Non per sembrare stronza ma perché mi pare il modo migliore per impiegare i tempi morti.
Mi manca un po' la sicurezza di casa, gli abbracci degli amici, qualcuno a cui poter dire "guarda quant'è bello il cielo oggi" ma è una cosa che riesce a passare. 
E non è così complicato immaginarsi una vita qui. 
Anche da sola, anche in silenzio solo in sua compagnia e delle storie che circolano e che mi fanno sentire bene.

venerdì 11 ottobre 2013

Wor(l)ds #2



Mi sono imbattuta in questo progetto di scrittura per caso.
E' da un po' che non riesco più a scrivere di me ma che ho voglia d'inventare storie, di descrivere colori che non ho visto o immaginare dialoghi che non ho vissuto.
Allora, ho deciso di partecipare.
Le regole non sono molte e le potete trovare qui: Zelda.
900 battute, comprese di spazi, e un kit da scrittura.
Poi, liberate la fantasia e lasciate scorrere le dita sulla tastiera.
In questo pdf trovate la raccolta delle storie di questa settimana.
Trovo che sia un progetto estremamente entusiasmante ed è bello vedere da quante angolazioni diverse si possono vedere gli stessi oggetti.

Questa è la mia. Wor(l)ds#2

Rue Beaubourg, 19” e mentre lo dicevi, arrotolavi la erre. 
Mi avevi trascinato per tutta Parigi, solo per vedere quel quadro: una donna dal collo lungo e il viso inclinato da un lato. 
Un’altra avrebbe preferito la Tour Eiffel, gli Champs Elisèe ma tu no, sei sempre stata diversa.
Indossavi un maglione sgualcito e continuavi a mettere del burro cacao sulle labbra screpolate dal freddo di quell’inverno così lungo e rigido.
Al collo avevi un medaglione di giada, te l’aveva regalato tua madre per i tuoi diciotto anni. L’unica cosa che ti è rimasta di lei. Oltre quel sorriso storto, che avevate entrambe, identico.
Seduti su quel taxi, sembravamo una strana coppia. Io con i capelli bianchi, tu che giocherellavi con il medaglione. Io con la faccia stanca e tu con la pelle di pesca. 
Poi, ti sei voltata. Il sorriso storto di tua madre, la erre arrotolata:
“Dopo mi porti da Ladurèe, Papà?”.

domenica 6 ottobre 2013

Oggetto: prenotazione volo

"Prenotazione volo" è l'oggetto dell'ultima email che ho sulla casella di posta.
L'ho aperta un po' titubante. Mi tremavano le mani, oppure il cuore. Devo ancora capirlo.
Sul mio letto ho diviso i vestiti per stagione: invernali da un lato, autunnali da un altro, estivi dentro gli scatoloni.
Poi, li ho divisi per colore: gradazioni del viola, del grigio, del blu, del nero e basta. Mi ha fatto strano vedere quanto piatta è la mia vita in quanto a colori.
Ho un volo ad ora di pranzo, arriverò giusto per il caffè del pomeriggio oppure neanche per quello. Ma che importa? Il caffè non mi piace. 
Dirò "sono arrivata, è tutto bellissimo. Sono felice". 
Poi, probabilmente piangerò perché io lo faccio sempre. 
Imparerò a camminare svelta o a prendermi il mio tempo. Imparerò a stringere il cuscino e a chiudere la porta. 
Imparerò a scandire bene il mio nome e a sorridere ogni volta che devo dire "piacere di conoscerti".
Sono un fiume in piena e sono riva del fiume allo stesso tempo. 
 Ma adesso ho i vestiti grigi con i vestiti grigi, quelli viola con i viola, neri con neri, blu con blu. Adesso ho un'email con oggetto: prenotazione volo.
Adesso, c'è poco da essere fiume e da essere riva.
C'è solo da vivere e da sperare di non piangere troppo ma neanche troppo poco.
Per dire, io in questi giorni ascolto Marco Mengoni (che neanche mi è mai piaciuto) e mi commuovo. Oppure metto il privato su spotify e scelgo le canzoni che mi scavano dentro allo stomaco e lo sezionano, in silenzio, tra maglioncini divisi per colore e fotografie da conservare chissà dove.
E vorrei, anche solo per un secondo, tornare indietro ed essere di nuovo quella bambina che aspettava davanti la finestra l'arrivo degli scatoli pieni di libri nuovi, o quella ragazzina che leggeva "Il Gattopardo" e poi lo raccontava orgogliosa alla professoressa o quell'adolescente innamorata che imparava a memoria Catullo. 
Oppure vorrei il coraggio di salutare tutti ed avere la certezza che questo posto non mi mancherà mai, che non inciamperò nei ricordi e negli odori di questa terra. Vorrei avere la certezza che i sorrisi del "piacere di conoscerti" mi riusciranno bene. 
La certezza di andare per la mia strada senza avere mai il bisogno di prendere il telefono e chiamare chi sarà vicino con il fisico ma mai abbastanza con il cuore. 
Vorrei un sacco di vorrei.
Intanto, stampo l'email con oggetto "prenotazione volo", poi si vedrà.

p.s. Manco da due mesi in questo posto. Nel frattempo tanto è cambiato.
Il blog ha spento la prima candelina e non ho scritto nulla. 
Sono talmente fiume che non sono stata capace di scrivervi. Bastava un secondo, uno sguardo, un temporale che tutto quello che volevo dirvi era già cambiato un'altra volta.
Arriveranno tempi migliori. Spero.