venerdì 16 agosto 2013

Dio, se sei bella


Dio se è bella ed è l'unica cosa sensata che riesce a pensare.
D I O S E S E I B E L L A. Ma anche se te lo dicessi, adesso, anche se lo gridassi a questa piazza vuota che senso avrebbe? 
Lei parla e parla e ogni tanto sposta i capelli a destra, come un piccolo e dolcissimo tic nervoso. 
Si raccontano storie a caso: di lei bambina che cadeva sempre dalla bici e si sbucciava le ginocchia, ma poi il disinfettante non voleva metterlo mai, di lui che a 15 anni voleva diventare un campione del calcio, di lei adolescente che ascoltava quella musica ridicola che canticchia anche adesso.
Lei ha dei capelli bellissimi: castani e un po' mossi, come tante piccole onde che le cadono sulle spalle. Però, da tutta la sera, continua a raccoglierli sulla nuca, scoprendo degli zigomi più decisi, scoprendo gli occhi belli come il mare.
Si conoscono da un po', ma da soli e così vicini non erano rimasti mai. 
Lei si rannicchia sulle gambe, in una posizione da bambina indifesa, come a dire: "se devi farmi male, fallo piano". 
Lui continua a guardarla e a pensare che non è così che deve essere, non ora, non lei. 
C'è un'altra, in un'altra città ed è a lei che ho fatto delle promesse. Chissà, cosa starà facendo l'altra in questo momento. Magari, guarda la tv sullo stesso divano su cui tante volte abbiamo fatto l'amore o, magari, è per terra su quel tappeto che abbiamo comprato all'Ikea e che a me neanche piaceva. 
L'altra è l'amore per sempre e lei, invece, cos'è? 
D I O S E S E I B E L L A. 
E non bella e basta. Sei Bella da riempirmi gli occhi, bella che vorrei sapere di te tutto quello che non ho potuto vivere con te, bella che mi fai male quando ridi, bella che se guardo ancora questi occhi finisco per baciarti e poi ti porto nell'altra stanza e usciamo domani mattina stanchi, sudati e con gli odori mischiati. 
Lui, cerca di sfiorarle una gamba ma si ferma a metà e la mano resta lì, in quell'angolo indefinito, e invece di toccare carne, afferra aria. 
La luce gialla della piazza sembra esistere solo per loro.
Lei abbracciata alle sue gambe e lui a stringere i pugni per non toccarla.
Entrambi persi in quel momento in cui si sceglie: abbasso le gambe e mi avvicino, la sfioro, lo bacio, facciamo l'amore, è solo per stanotte, è per tutta la vita.
Quella linea sottile che separa il coraggio dall'abitudine, dalla sicurezza, dal "sto facendo una cazzata". 
Lei si stringe da sola ancora più forte e se fosse possibile lo farebbe ancora di più e pensa ma tu da me che vuoi? ma tu perché sei qui stanotte? ma noi due insieme che c'entriamo? 
E sono domande che non hanno bisogno di uscire dalla sua testa, perché ci sono, le sentono entrambi senza che nessuno parli davvero.
E lui le risposte non le ha, probabilmente non le avrà mai. 
E poi, c'è quell'altra con il tappeto dell'Ikea, con la casa, le promesse, l'amore. C'è quell'altra che è un porto sicuro mentre lei è bella e poi? 
D I O S E S E I B E L L A e aiutami a dire bella.
Si farà tardi questa notte e a un certo punto uno dei due dirà che ha sonno, domani la sveglia suona presto, l'altro annuirà. Un bacio della buona notte sulle guance.
Un bacio della buona notte che è una scintilla, che è una promessa, che non è niente.
"Buona notte"
"A domani".
E in quel domani tante speranze.

Questo è quello che ho pensato dopo aver visto una foto che ha pubblicato Stazzitta
Ecco, per me quei due sono questa cosa qui.
Per voi? 

martedì 6 agosto 2013

"Lei, Lui, Firenze"


Abbiamo aspettato un po', quanto basta perché qualcuno mi chiedesse se era tornato tutto come prima, se eravamo di nuovo e ancora quella gran coppia invidiata dagli altri. Ho fatto cenno di no con la testa, mi hanno sorriso in risposta. La gente non ci capisce.
Ci siamo seduti ad un tavolo per quattro ma eravamo in due e ci stavamo larghi in quel tavolo che un po' ci avvicinava anche se non volevamo.
Mi ha chiesto se volevo del vino, ma lo sa che con il vino non ho un buon rapporto. "Vino bianco", ha detto sicuro. Vino bianco, allora sì.
Ha ordinato qualcosa da mangiare, da dividere.
Mi guardavo intorno e mi sembrava di vivere una scena già vissuta mille volte. Come un deja vu ma più reale.
"Come stai", gli chiedo.
"Stanco, come sempre". Sorride. Mi guarda.
"Raccontami di te, ti prego", con la testa da un'altra parte, con il pensiero verso qualcuno che non ricambia e che non sa quanto mi piace il vino bianco e non saprebbe nemmeno ordinare al posto mio.
"Pensi davvero che sia una buona idea, stare seduti in un bar fino alle nove di sera? 
Bere un altro Bianco Sarti guardando la gente, discutere di ferie e lavoro, fare finta di niente".

"Che vuoi che ti racconti?".
Voglio che mi racconti che ti sei innamorato di un'altra con gli occhi più belli dei miei, più intelligente di me, che parla meglio e si lamenta di meno.
Tengo un lembo di un tovagliolo e lo stringo forte.
"Voglio che mi racconti di te!"
"Sei tu quella che viaggia!".
Continuo a stringere un lembo del tovagliolo che è come un appiglio a qualcosa che non fa male. Non come le sue parole, non come il mio stomaco che non sente le farfalle. E porca miseria, perché non puoi sentirle? E' quello giusto, ci vuole tanto a capirlo?
"Magari andrò a vivere a Firenze. Ho chiesto trasferimento anche lì".
"Parlar di Firenze, di come è invecchiata dall'ultima volta che l'ho salutata".

L'anno scorso quando ho deciso che era finita ero lì, a Firenze.

Seduta dentro una libreria del centro, il thè caldo e un libro da sfogliare. Una donna anziana, con i capelli riccissimi e grigio cenere, che leggeva il suo libro ad alta voce e rideva.
Ma in un modo così bello, ma così bello, che a me sembra di sentirla anche adesso.
Io l'ho capito lì, che tra noi era finita. L'ho capito mentre avevo il telefono scarico, fuori c'era un gran freddo e lui non mi mancava neanche un po'.
L'ho capito perché il sorriso di quella donna era quello di una a cui non mancava niente e io mi sentivo talmente vuota che per riempirmi ci voleva qualcuno che ci credeva in me. E lui non ci credeva.
L'ho capito ogni volta che, in quell'anno, sono tornata a Firenze perché ho cominciato a sognare di nuovo. L'ho capito quando qualcuno mi tendeva la mano e lui mi diceva che erano solo sogni.
"Penso che sia una follia andare all'Ikea, c'è sempre una gran confusione anche di sabato sera.
Poi, lo sai mi fa tristezza guardare la gente che sogna di comprare tutto e si accontenta di niente".

Dice Firenze e mi viene da ridere forte. Ride anche lui.

E' la situazione di un film riuscito male: seduti al tavolo di un ristorante, a sorseggiare vino e a parlare di lui che parte per Firenze.
Che sempre l'anno scorso, quando tornavo e gliene parlavo con occhi sognanti finivamo per litigare, che "che avrà di così speciale 'sta Firenze?".
E io non sapevo rispondere e non so farlo neanche oggi.
"Mi guardi e sorridi, non sono cambiato dall'ultima volta che mi hai perdonato. 
Che cosa vuoi che ti dica? Con te sto bene, anche se ormai è finita."

Abbiamo finito subito il vino bianco e lui se ne già versato un secondo bicchiere. Gli butto addosso un po' delle mie preoccupazioni, parlo così senza fermarmi e senza prendere respiro.

E' la parte più razionale, più riflessiva di me.
Tra qualche anno lui sarà un medico fantastico e io chissà che cosa.
Penso che probabilmente, nonostante tutto, con lui non tornerei mai.
Ma com'è che finisce l'amore? Così, una mattina ti svegli e dici "Ok, è stato un piacere, finché è durata".
"E lo so che non basta un bicchiere per sorridere e dimenticare, le mie solite bugie, le mie sciocche fantasie. Ma stasera ho voglia di brindare a un'altra storia d'amore per noi che non ci amiamo più".

Che io non lo amo più e lo so, lo sento in ogni centimetro della mia pelle. Ma, allora, perché ho questo bisogno di abbracciarlo, di sentire i suoi capelli tra le mie dita?

E' un bene che va al di là dell'amore. E' sapere che è, e sarà per sempre, l'altra metà della mela, quella parte che mi completa. Conosco ogni piccola smorfia, mania, le ossa della clavicola che escono fuori anche adesso che c'è qualche kg in più.
Un bene che va al di là di quello che è successo in quest'anno separati, tanto che vorrei raccontargli di quanto sonno sto perdendo, dell'aria che mi manca.
Non lo faccio perché so che, probabilmente, farebbe male.
Io, davvero, non lo capisco il mio cuore che potrebbe avere l'amore e si accontenta di niente.
"Che bella Firenze, le sere d'estate, le luci del centro, le nostre risate.
Cosa vuoi che ti dica? Ti voglio bene anche se ormai è finita. 
Non sarà certo Mastroianni a cancellare di colpo sei anni e non sarà questa stupida sera a cancellare una vita intera".





Ma stasera ho voglia di brindare a un'altra storia d'amore, per noi che non ci amiamo più.