domenica 28 aprile 2013

Roma, di nuovo.


I piedi penzoloni, lo sguardo alla piazza, il tramonto che fa tutto il resto.
Avete mai visto un posto più bello di Villa Borghese al tramonto? Ti affacci e guardi Piazza del Popolo. La gente che passeggia, i giochi di luce e io mi sento un'altra volta un po' bambina.
La prima volta a Roma, da sola, avevo sette anni.
Avevo lottato con i miei per andare, perché mi sentivo pronta a "prendere il volo", mentre mia madre si preoccupava ancora che non sapessi vestirmi da sola e cose così.
Invece, in una settimana ero stata bravissima. Nessun ripensamento, neanche un piantino.
L'ho detto subito che era la "mia" città, con la solita sicurezza di sempre.
"Non sai che vuol dire vivere a Roma", mi ripetevano.
Il traffico, la gente che s'incazza subito, i ritmi folli, i rapporti che non sono quelli del Sud.
"Crescendo cambierai idea", dicevano.
E invece, no. Non ho cambiato idea e la guardo ancora con lo stesso entusiasmo di quando ero bambina e l'identica voglia di farne parte ancora di più.
Sull'autobus, qualche ora dopo, c'è una signora che si lamenta. L'autobus ha ritardato e lei ha fatto una corsa dal lavoro per riuscire a prenderlo in tempo, eppure siamo imbottigliati nel traffico e la cena è ancora tutta da preparare. Sbuffa ritmicamente e a me viene da sorridere.
Più in là, incrocio il sorriso dolce di una suora. No, il giochino del "tua" non l'ho fatto.
Ho ricambiato il sorriso perché il suo era bellissimo. Ancora un passo dopo c'è un anziano, chiede a due ragazzine d'indovinare la sua età. Le ragazzine dicono "settanta" decise e lui, un po' deluso, risponde "sì, settanta". Si legge dal sorriso un po' sghembo che avrebbe preferito avessero detto che ne aveva meno.
Poi c'è uno che parla al telefono forte. "Michela", dice, "Michela, perché lo dici a me quando sai bene che dovresti chiedere ad Andrea?".
E io, me l'immagino questa Michela e questo Andrea. Non so cosa Michela dovesse chiedere ad Andrea ma sembra importante. Secondo me Michela ha il naso all'insù e Andrea.. Andrea sarà il solito paraculo.
E' stato un pomeriggio romano strano. Da abbracci ma non completi. Mi sono sdraiata su un prato e c'erano i peschi fioriti. Ero con la "mia" bambina. Quella che ancora mi chiede consigli sull'amore e io non so che dire, a parte che lei è più brava di me in milioni di cose.
"Ci pensi a quando l'anno prossimo sarai qui?". Ci penso sì.
E ho paura.
Magari, Roma finirà di piacermi. Smetterò di esserne così innamorata perché è proprio da me volere una cosa fortemente e poi non volerla più.
"Sei la solita bambina viziata", mi urlo da dentro.
E sempre da dentro, guardo il Colosseo e poi guardo chi cammina accanto a me.
E la paura aumenta perché se continui così non ne esci bene di sicuro.
Eppure, anche stavolta, Roma mi culla. Anche quando mi sembra di essere persa, di essermi persa, c'è sempre qualcosa che mi fa dire che niente è perduto.
Ritrovo sempre la via.
C'è la "zia" che mi da' un buffetto nella guancia e poi mi dice "ciao core" e le sue parole, ma anche Roma, si colora di un rosso intenso.
Probabilmente, l'anno prossimo scriverò da lì e tutto quello che oggi amo sarà solo un ricordo. La odierò. Non sopporterò il traffico, quell'odore di pizza bianca, la metro affollata ad ora di pranzo, i romani.
Capiterà, ne sono certa. E quindi, scrivo questo post da potere rileggere nei momenti peggiori per fare da promemoria al cuore.


lunedì 22 aprile 2013

Se io fossi stata un'altra..


Se io fossi stata un'altra, sarei entrata in quella "casa" e al tuo abbraccio avrei risposto con un altro abbraccio ancora più stretto. In fondo, era quello che volevo.
Se fossi stata un'altra, alle tue provocazioni avrei risposte con domande precise, piuttosto che con sorrisi imbarazzati.
Se fossi stata un'altra, ti avrei invitato alla finestra e ti avrei chiesto di guardare insieme, perché una bellezza così è troppo per due occhi.
Se fossi stata un'altra, mi sarei avvicinata un po' di più anche io. Avrei preso la tua mano, che era attorno ai miei fianchi, e ti avrei chiesto di restare così per qualche giorno. Per sentirti vicino. Per sentirmi meno sola.
Se fossi stata un'altra, avrei giocato di più.
Se fossi stata un'altra, avrei appoggiato la mia testa alla tua spalla e ti avrei chiesto il perché di tutto il silenzio di questo mese.
Se fossi stata un'altra, ti avrei chiamato e ti avrei chiesto di raggiungermi perché un sole così è un peccato goderselo da soli.
Se fossi stata un'altra, alle tue frasi avrei risposto con un "dimmi dove sei che ti raggiungo adesso".
Se fossi stata un'altra, probabilmente, sarebbe finito tutto da qualche parte a fare l'amore che amore non è.

E invece sono io.
E io la faccio difficile. Io mi devo proteggere.
Ho una paura fottuta di te e di quello che sei per me.
Ho paura delle tue verità a metà, delle frasi che non mi dici, degli sguardi che mi lanci.
Eppure, ogni tanto, ho bisogno di sentire che ci sei. Non sei una mia invenzione. Esisti.
Perché sei stato "molla" e incoraggiamento, pur non consapevolmente. Mi hai fatto ridere ed emozionare e poi mi hai fatto arrabbiare e di nuovo ridere.
Con te è stato facile dire: "non so che ne pensi tu?" o "non so, pensaci tu". Io che a delegare non sono brava perché devo decidere sempre io e devo avere tutto sotto controllo. Con te era semplice farsi trasportare ed entusiasmare.
Tu, che anche l'altro giorno, mi hai preso per un braccio per trattenermi e mi hai guardato con lo sguardo come a dire "dove pensi di andare?" e io avrei voluto dirtelo chiaramente che se mi tieni così non vado proprio da nessuna parte.
Invece, ho lasciato che le cose facessero il loro corso. L'eterno tutto intorno di una città che non si ferma mai e noi che camminavamo fianco a fianco.
Sarebbe bastato prenderti la mano e dirti che mi sei mancato. Sarebbe bastato dirti che no, non sono innamorata di te ma sono comunque stanca di giocare.
Solo, che quando sono con te, le parole finiscono per sembrare inutili e banali. Tutti i dubbi, tutte le incazzature, tutte le cose evidenti che mi portano a pensare che non te ne frega un cazzo (e che sono una come tante, per te) non esistono più. Basta un tuo sguardo, una parola carina, un abbraccio per farmi pensare che mi basta così.
Ma poi, quando non ci sei, i dubbi tornano, si moltiplicano e mi tormentano le giornate.
Penso di essere inadeguata e incompleta e chissà quante altre cose.
E se così fosse non sarebbe neanche un grande dramma. E' la linea dell'indefinito che mi fa stare male. Forse, se te lo sentissi dire andrebbe meglio. Ma voglio che me lo dici, guardandomi negli occhi: che sono stata una delle tante, che quest'anno non è significato niente e che tutte le cose che mi hai detto erano solo belle frasi a contorno di tanti discorsi.
Voglio sentirtelo dire.
E poi ti lascio andare come è giusto che sia.

"Mi faccio molte domande su di te, a te invece ne faccio pochissime. Il guaio è che più chiedo e più mi coinvolgo. Vorrei che tu fossi insulsa o speciale." (Tutto torna - Giulia Carcasi)



Il post su Roma me l'avete chiesto tutte e ci ho anche provato ma non riesco a pensare a nient'altro, per ora. 
E' tra le bozze e a metà.
Arriverà comunque.

martedì 9 aprile 2013

Siediti, rilassati e respira

In ordine, oggi:

  • Mi sono bullata di voi con quelle quattro amiche che sanno del blog. Che avere gente che ti legge è figo, ma avere voi è ancora meglio. Tutti i vostri commenti su dove dormire e cosa fare a Roma mi hanno reso più tranquilla. Qualcosa da fare, anche se da sola, la troverò. E scriverò, come mi ha consigliato la Diciassettenne. Poi, vi ammorberò con l'ennesimo post su Roma. 
  • Messo a formattare una pen-drive. E fin lì, niente di serio. Ma ho un mac e anche le cose banali assumono serietà assoluta. Per esempio, ho scelto la formattazione con modalità "sicurezza media": benissimo, è da un'ora e mezza che aspetto che finisca. Dicono, che utilizzi lo stesso metodo della CIA per non lasciare tracce, ma io rimpiango lo stesso il caro vecchio Windows. Cliccavi con il tasto sinistro su formatta e in un minuto (1) avevi già terminato.
  • Ho letto delle storie e ho pianto. Storie meravigliose di un libro che in pochi leggeranno (che peccato). Magari, un giorno, ve lo consiglio.
  • Fatto tutto di corsa pensando di avere un appuntamento. Quindi: prendi, sposta, aspetta che il Mac finisca questa serissima formattazione, vestiti, guardati allo specchio (fai schifo. Ti dovresti truccare ogni tanto ma manca la voglia). Corri, sistema, riprendi, risposta. Poi, chiama e scusati per il ritardo: "Ciao, scusami! Sto arrivando!". Senti come si divertono dall'altro lato del telefono e tu non capisci. "Emme, tesoro, ti avevo detto di pranzare insieme domani, non oggi. Ok?". "Ah, certo. Si, infatti. Ok!".  Risiediti, rilassati e respira. E' tutto ok.

lunedì 8 aprile 2013

Roma, da sola, help!


Sono una persona equilibrata e con il senso della misura, ormai, lo sapete.
Quindi vi avevo scritto ieri che non avevo voglia di andare a Roma ecc ecc.
Invece, ci vado per tre giorni. Da sola. Lo so, sono cose che dovrei evitare di scrivere su un blog pubblico ma tanto non ho intenzione di incontrare nessuno.
Quindi, sono sola.
Quindi, vorrei sapere da voi dove dormire e cosa fare. Da sola.
Mi date qualche idea?

domenica 7 aprile 2013

Non ho voglia


Svegliarsi la mattina e non avere voglia.
Di uscire da sotto le coperte, per esempio. Che ho la pessima abitudine di dormire mezza nuda e la mattina svegliarsi è un trauma doppio.
Non ho voglia di questo sole al mattino che il pomeriggio sparisce per lasciare posto alle nuvole e al cielo grigio e triste.
Mi sono stancata di leggere notizie sul Papa, su quanto è bravo e buono anche quando fa colazione. Ma veramente abbiamo bisogno di vedere uno mentre fa colazione? Il prossimo passo è fotografarlo al cesso. Magari è umile anche mentre fa pipì.
Non ho voglia di leggere di Grillo e delle gita fuori porta. Porca troia, dateci un governo o andiamo ad elezioni, ma decidetevi in fretta perché mentre voi fate la Pasquetta, in ritardo, il paese collassa. 
Non ho voglia di discutere, di pregare la gente, di capirla quando si cela dietro le frasi a metà, di giustificare.
Non giustifico nessuno e quando una cosa mi sta sul culo la devo dire, altrimenti impazzisco. Urlo, grido e mi accendo subito ma mi passa veloce e dopo un secondo sono lì che scherzo come se nulla fosse. Ma mi dovete fare urlare perché se non faccio così, non mi passa mai.
Non ho voglia di fare quella sicura. Non lo sono e non lo sono mai stata. Se lo fossi stata non avrei mai passato così tante ore chiusa in un bagno. 
Non ho voglia d'immaginare quello che tu stai facendo quando il tuo nome è nella bocca di qualcuno. Odio il mio stomaco che fa i salti e la mente che mi fa ricordare i tuoi occhi. 
Poi chi lo sa se capita anche a te di sentire il mio nome e di non sopportarlo. Immagino la tua faccia indifferente se qualcuno ti parla di me, ti vedo mentre passi avanti veloce o cambi discorso.
Tipo: "Emme, emme chi?"
Non sopporto tutti questi pensieri che ruotano a quello che fai e che farai. Chi sei tu? 
Non tollero il mio sorriso quando mi cerchi perché  tutto passa in quel momento, ma poi penso che arrivi e sparisci quando vuoi tu, sei tu a comandare il gioco e io semplice spettatrice. 
E non vedo l'ora in cui tutto questo finirà. Tutto passa, anche tu. E io aspetto quand'è il tuo momento di passare.
Non ho voglia di pensare a un viaggio da sola: trovare un b&b, organizzare gli spostamenti, controllare il meteo, ricordare di chiamare gli amici per passare a salutarli, preparare la valigia. Ritrovarmi a Roma, per l'ennesima volta solo di sfuggita. Vederla, amarla e salutarla. Voglio fare una valigia e non disfarla più.
Non ho voglia di fare shopping se prima non perdo almeno 8 kg. Ma non ho nessuna intenzione di riprendere la dieta, nè di andare in palestra, nè di tornare a vomitare, nè di fare la fame. Ditemi voi come si esce da questa cosa perché io non lo so.
Soprattutto, odio H&M. Ora, non è che perché tutti gli hipster fighi si vestono lì e allora "Uuuuh che bello H&M". Un cazzo. Piuttosto non mi vesto.
Non sopporto questi sbalzi d'umore continui. Passiamo da "la vita è bella e io la amo" a "nonC'HoVogliaDiFareNullaLasciatemiMorireSulLettoGrazie". 

Io lo so che ho un carattere di merda, che sembra non me ne freghi nulla (e per certi versi è così) e sembro la più acida e fredda del mondo universo. Ma no. Io ho bisogno di abbracci e di certezze.

Di mani che mi stringono e m'inondino di calore. 
Di pomeriggi di relax su un divano con tutte le schifezze trovate al supermercato. 
Ho bisogno di darmi degli obiettivi sapendo che posso raggiungerli. 

Devo fare ordine nella mia testa e nella mia vita. Il problema è che non c'ho voglia.





mercoledì 3 aprile 2013

Sei tu, non gli altri


Lo abbraccio come non facevo da anni. Certo che, davvero, ci si perde l'abitudine a fare certe cose quando si cresce.
Ma io ho voglia di sentirlo vicino, pelle a pelle. Voglio che il mio sangue riconosca ancora il suo, che si ricordi di tutte le cose fatte insieme.
Lui è uno di quegli amici cazzoni che hai dall'adolescenza, che hai visto ubriaco mille volte e con cui hai riso delle cose più incredibili. Siamo cresciuti insieme, e anche se lontani, c'è sempre stato qualcosa di speciale a legarmi a lui e a tutto il resto del gruppo.
E' quel tipo d'amico che sai che c'è ma non hai bisogno di chiamarlo, basta incontrarsi e stringersi per tornare quelli di un tempo.
Mi tiene la mano ma ha lo sguardo storto.
"Che è successo?"
"Non so se mi va di dirtelo. Non ne vado fiero!"
"Sono io. Non devi andare fiero di quello che hai fatto quando parli con me, no? Devi dire e basta!"
E' bello così. Siamo noi. Lasciamo agli altri lo spazio per essere giusti o perfetti.
"C'era questa con cui scopavo ogni tanto"
"Sempre"
"Ok, sempre. Sei la solita precisa. Comunque, non m'interessava particolarmente. Però, mi diceva cose importanti e poi andava dal fidanzato e io m'incazzavo!"
"E quindi?"
"E quindi, ho scritto al fidanzato. Gli ho raccontato tutto e gli ho mandato le foto, le conversazioni e i dettagli di tutto."
"Merda!"
"Ecco, lo vedi! Non te lo dovevo dire!"
"Non hai capito. Merda non per quello che hai fatto. Merda perché sei fottuto, ci sei rimasto sotto e non poco"
"No"
"E allora perché?"
"Ti ricordi Trainspotting? Quando il tipo dice che non sa perché l'ha fatto? Forse, sono solo cattivo"
("allora perché l'ho fatto? Potrei dare un milione di risposte tutte false. La verità è che sono cattivo, ma questo cambierà, io cambierò...")
"L'hai deciso tu! Mentre dici questa cosa mi stai tenendo la mano perché è troppo fredda. Hai più cuore di quanto pensi"
Mi guarda e ha gli occhi che brillano.
Mi accoccolo come una bambina perché io sento freddo e lui, invece, fa l'uomo e dice che si sta bene.
Vorrei dirgli che il tempo sistema le cose ma non ho il coraggio di farlo. Con me, per esempio, le ha peggiorata.
Come dice Ligabue in quella canzone? "Si fa presto a cantare che il tempo sistema le cose, si fa un po' meno presto a convincersi che sia così. Io non so se è proprio amore, faccio ancora confusione".
Noi non siamo ancora bravi a distinguere le due cose. Diciamo che non ci vogliamo innamorare e che all'amore non ci crediamo ma poi finiamo per fare le scenate di gelosia peggiori.
Lui che manda le foto al fidanzato di lei e io che una cosa del genere non la farei mai, e mi limito a pensarci fino ad arrovellarmi il cervello.
Io che ci penso anche adesso, anche mentre c'è un tipo simpatico che flirta con me. Questo flirta e io lo chiamo con il nome di quell'altro, che chissà dov'è in questo momento.
Strana cosa la mente umana.
"E adesso?", gli dico.
"Niente. E' finita così. Nessuno di noi avrà l'happy ending. Il fidanzato l'ha lasciata, lei è incazzata come una biscia e io, in ogni caso, non la vorrei più".
"Che senso ha avuto, allora?"
"Non lo so".

Non lo so. 3 parole e tutto un cuore ferito che ci gira intorno. Perché l'orgoglio ti fa dire che se lei ha detto cose importanti, allora, sei legittimato a sputtanarla. A farle male.
E' la legge del taglione dell'amore.
Se di amore si trattava e non di orgoglio ferito.
Per ora c'è da pensare a curare la ferita, poi un giorno si tireranno le somme.
Mi guarda con tenerezza, la stessa degli anni passati e di sempre, e mi dice "e tu, come stai?".
E io, come sto?
Sto come una che non ha capito niente, come una che si sente sempre un po' di troppo e che questa volta di troppo lo è veramente.
Non gli racconto di lui perché non saprei cosa dire, ma poi mi dice una frase e io mi sento mancare il fiato.
"Per una volta, Emme, dovresti pensare che sei tu il troppo per gli altri e non il contrario. Sei tu che sei allegria, fierezza, bellezza. Sei tu. Non gli altri".