venerdì 21 settembre 2012

La bellezza del sud vista con gli occhi del nord!

In questi giorni sto riscoprendo la bellezza della mia terra.
Tutto grazie a degli amici in vacanza. Strano, no?
La guardo come se fosse la prima volta e lei si da' a me come quei regali che aspetti tanto ad aprire e quando li scarti ti sembrano più belli di come li immaginavi.
La mia è una terra che, suo malgrado, un po' si nasconde. Però, ti sorprende con delle giornate di cielo limpido e azzurro, con il sole che ti sbatte sul viso e le montagne che diventano d'un tratto più verdi. 
Oppure, ti stupisce con un tramonto sul violetto che, in lontananza, i contorni delle case sembrano disegnati con il gessetto. 
E niente, sono giorni che respiro e odoro e vivo come una perfetta turista. Di quelle che si volta a guardare un vicolo e pensa "oooh, che meraviglia!" (mentre la parte ancora in sè, urla: "Ma deficiente, ci vivi eh! Ed è inutile che fai tutta la meravigliata che da lì ci passi 20 volte al giorno!).
E naturalmente, sto anche mangiando. Ma tanto!
Perché anche se vivo d'insalata, scatolette di tonno sott'olio e cibo degno del mc donald's appena sono arrivati gli amici nordici abbiamo tirato fuori tutto ciò che c'è di più buono della nostra tradizione culinaria. 
Cose che io mangio una volta l'anno. Cose che, di solito, sempre, mangio solo se le ha fatte mia nonna o una mia zia anziana. 
E allora, un po', ho cercato anche di far capire agli amici che certe cose non puoi mangiarle ovunque, che alcuni bar io li eviterei come la peste, che "Oh, ma veramente avete mangiato in quel posto lì? Cioè mi giro un secondo e voi andate nel posto peggiore di tutti?". E loro, i nordici, sono sempre contenti. Tutto è buonissimo, tutto è bellissimo. 
Li porti al supermercato più sfigato di tutti, con vista discarica (quasi!) e loro "maaa che beeellooo!", e tu resti immobile e incapace di capire se ti stanno prendendo per il culo o se sono seri. 
E la cosa davvero triste è che sono seri! Ricordatemi di non andare mai nelle loro zone, si sa mai.
Comunque, mentre riscopri le bellezze ecc ecc, ti rendi conto quanto gli stereotipi siano presenti in maniera quasi insopportabile.
Per esempio, uno voleva vedere "una processione, con le statue che passano dai vicoli stretti", che io a fine settembre dove te la trovo? Neanche nel paesino più remoto e inculato. 
L'altro, invece, vuole conoscere un po' di nonnine vestite di nero, con i baffi e con il rosario sempre in mano. Che un po' ridi quando pensi 'ste cose ma poi anche no. Che la madredipadre è più sveglia di me anche se c'ha quasi 80 anni, si veste colorata più di me e ha un giro di amiche che farebbe invidia a una sedicenne. Per dire.
E allora, anche se non vorrei, devo dare ragione a "qualcuno" che diceva che alcune fiction fanno male. 
Quelle che hanno come interpreti l' Arcuri e Garko fanno male ancora di più, naturalmente. 

p.s. Forse, però, sono anche loro che non sono proprio portati a scindere le fiction dalla realtà. Uno era convinto che per parlare in dialetto bastava togliere l'ultima vocale delle parole perché "l'ho sentito a Benvenuti al Sud". 
Come se io andassi a Roma e pensassi di trovare tutte le persone in stile Cesaroni con 5/6/10 figli e storie strane di promiscuità. 

venerdì 14 settembre 2012

Il significato delle parole

Ho riflettuto a lungo su cosa scrivere questa volta.
Volevo raccontarvi di madredipadre che l'altro giorno mi chiama con la scusa di sentirmi e poi se ne esce con "lo sai che tuocuggino è entrato in medicina?", con la vocina stronza di una che in realtà vorrebbe dirti "e tu quest'anno non hai dato neanche una materia", ma ci ho ripensato.
Poi, avevo pensato di parlare di colui che in teoria è il mio "capo", che però ne sa meno di me e ieri l'altro se ne esce con: "Foto, comunicati, tweet: decido io come, cosa e quando farli "uscire". Senti ma il cancelletto su twitter a che serve?" ma anche lì ho deciso di andare oltre.
C'è una cosa che ho in testa da giorni: l'importanza delle parole. O ancora meglio, l'importanza del significato delle parole.
Mi sono trovata in questi giorni a parlare con diverse persone e alla fine pensare: "che cosa avrà voluto dire? Sarà vero?".
Vorrei essere una che non si lega alle parole come alle persone e invece, ci penso fino allo sfinimento. Prendo quelle parole e me le ripeto, le analizzo, le custodisco, le rompo, le maledico.
Negli anni ho imparato che il significato cambiava anche rispetto alle persone che me le dicevano. Con l'esperienza ho capito che non tutti i "ti amo!" sono riferiti all' idea di amore che ho nella mia testa così come non tutti gli insulti sono detti con l'intento di far male. 
Strano concetto, lo so. 
E' un po' il discorso del post precedente: un mondo dove i "ti adoro" si sprecano e l' emozioni, quelle vere, muoiono. 
Però, c'è quel mondo lì e poi ci sono io che, ancora, ho un tale rispetto dei sentimenti che quasi cerco di entrare in punta di piedi nella vita della gente e provo imbarazzo di fronte alle dichiarazioni d'affetto gratuite (tranne in rari casi, è chiaro!).  Ci sono io che tra un "ti voglio bene" preferisco di gran lunga un "sei davvero cretina!" che qualcuno sostiene sia un mio modo per mettere una barriera tra me e gli altri. E forse, ha ragione. 
E' un modo per non ferirmi, per non passare delle ore a scrivere cose come questa. A una battuta scema dai il significato che ha, niente percorsi mentali strani. 
I complimenti, i "ti adoro", i "ti amo" ti portano sempre a domandarti se la gente da' a queste parole lo stesso peso che gli dai tu. 
E allora, mi dico che, vorrei essere più leggera, una di quelle che si vive le emozioni per quello che sono, che non passa delle ore a fare l'analisi delle frasi che le vengono dette. "Ma se per caso l'ha detto in quel senso? E se in realtà, era un modo per dirmi quell'altra cosa?". 


Dico la verità: sogno un mondo che ha delle parole con un solo significato. Sogno un mondo dove i "ti amo" significano voglio passare tutta la mia vita con te, voglio esserci quando sei felice e quando piangi, voglio vedere il primo capello bianco e accarezzarti quando giochi con il figlio di nostro figlio. Sogno un mondo dove i "ti adoro"  significano  mi piace il tuo sorriso, mi piace quando scleri, mi piaci ancora di più quando mostri tutti i tuoi difetti, mi piaci così tanto che anche stare davanti ad una finestra a guardare la pioggia con te è stupendo. E sogno delle persone che non si vergognano di ciò che dicono, che lo rivendicano, lo difendono dagli attacchi e dagli sbalzi d'umore. Voglio un mondo a cui credere senza analisi grammaticali.


martedì 11 settembre 2012

L'amicizia sui social network?! Ma anche no!

L'amicizia ai tempi dei social network è davvero una strana, stranissima cosa.
E' tutto un "tesoro", "bello/a", "ti voglio bene".
Per non parlare, poi, dei cuori. Comincio a pensare che quella dei cuori sia una malattia. 
Delle volte leggo delle cose che mi lasciano interdetta per interi minuti, con la faccia a punto interrogativo e nella testa una frase che mi ripete spesso la mia amica romana: "ma che daverodavero?!".
Per esempio: "Ciao Francesca! Ti ricordi di me? Non ci vediamo da 12 anni ma mi fa piacere ritrovarti. Cuore, cuore!" (ti sei mai chiesta perché Francesca non ti ha mai cercato, chiamato e visto per 12 anni? Ecco! Allora pensi che il tuo commento le interessi?).
Oppure:  "Luca sono contentissima di averti visto ieri con Maria. Cuore, cuore." (in questi casi vorrei chiamare i Luca&Maria di turno per dir loro che, no, lei non è contentissima. E quello che ha scritto e quanto di più falso potesse dire). 
E potrei continuare all'infinito con esempi sempre peggiori. Ritrovi amiche che si sono dette di tutto alle spalle e poi si mandano tweet di "amore" profondo, gente che quando non ci sei si diverte a dire le cose peggiori su di te e poi ti commenta le foto sottolineando la sua ammirazione nei tuoi confronti.
I social, dopo tutto, altro non sono che un mondo di ostentazioni. Ci teniamo a far vedere che siamo belli, buoni e ammirati. Facciamo sì che tutti vedano quanti meravigliosi "amici" abbiamo. Pubblichiamo affannosamente, facciamo indigestione di commenti spiritosi e amorevoli.  Mandiamo cuori a tutti, anche al vicino di casa rompi balle che fino al secondo prima abbiamo maledetto per aver messo il cd di Gigi D'Alessio.
Solo che dopo un po', dopo tutti gli "amore" e le frasi da film romantico, cosa ci resta? 
Dei mille amici che abbiamo tra facebook, twitter, pinterest, instagram, chi sarebbe disposto a lasciare tutto per un abbraccio, per asciugarci le lacrime o semplicemente per ridere insieme con una birra davanti?
Ecco perché, di solito, le mie amiche sono quelle di sempre e per sempre. 
Ora, capiamoci, non è che io voglia fare la morale a nessuno, anche perché sono la prima a usare i social network e a trovarli anche molto interessanti sotto tanti punti di vista. Però, lasciatemelo dire, i legami veri sono un'altra cosa e sono fuori da lì.
L' amicaGF la conosco da quando le colava il moccio dal naso, si vestiva come un piccolo marine e giocava con i maschi. L'ho vista sbocciare e diventare, appunto, bellissima .
Con lei, in pratica, ho fatto tutto: le scuole, la prima sigaretta, i primi amori, i primi baci. Tutto.
Come lei tante altre: alcune me le porto dietro dalle scuole medie, altre dalle superiori.
So che ci sono quando ho bisogno, come io ci sono per loro, anche se sono amiche "atipiche".
Oggi, per esempio, mi chiama la GF per dirmi che si vede con uno. Mi fa l'identikit con i dettagli.
Io comincio a storcere il naso. 
"Emme, però, sei acidissima. Che palle! Sembri la nostra vecchia prof acida e zitella. Sai cosa vorrei consigliarti, vero?". E lo so benissimo cosa vuole dirmi, rido come una matta, rispondo "magari" e poi ride anche lei.
O come l'altra amica, quella che mi sopporta in h24, che ieri se ne esce così: "Sei come quei sapori acidini all'inizio e dolci alla fine. Agrodolce va'". Che non lo so se è una cosa per cui offendersi ma io la trovo fantastica.
Il fatto di sapere che mi diranno sempre quello che pensano senza mezzi termini, che mi guarderanno e diranno "come cacchio hai accoppiato la maglia verde con quelle scarpe rosse" (se mai lo dovessi fare, chiaramente!) o che sorridendo m' inviteranno a "fare le sopracciglia" mi rende la vita più serena.
Non saranno le amiche perfette dai "cuori, cuori" in bacheca e dai commenti dolci sulle foto, ma non m'importa.
Anzi, vi dico un segreto, ho vietato loro di mandarmi cuori e cose sdolcinate perché a me piacciono di più così.




domenica 9 settembre 2012

Principesse, giochi e vocine che ti salvano la vita!

Da bambina, mentre le amichette di scuola e del corso di danza sognavano di fare rispettivamente le maestre e le ballerine, io sognavo una vita da principessa.
Avevo già deciso tutto: avrei incontrato il principe William nell'adolescenza,  sarei stata alta e bellissima, ci saremmo innamorati follemente e lui alla fine mi avrebbe sposato. In pratica, avevo già deciso il nome dei nostri figli.
Il mio gioco preferito era simulare i pranzi della domenica tra Carlo e Diana, che naturalmente chiamavo per nome. Ah, qualche volta invitavo anche la Schiffer (che sempre nei miei piani futuri era una grande amica di famiglia).
I siparietti con mia zia, che si prestava a questi giochi, erano esilaranti: 
"Emme, ma poi quando sposi il principe, noi possiamo venire?!"
"Zia, io ti inviterei ma non lo so se ti fanno entrare. Poi i soldi per comprarti il vestito bello li hai?".
Lo so, ero un mostro di bambina.
Poi, con gli anni le cose sono cambiate e come è andata lo sappiamo tutti: io non sono alta e bellissima, Diana è morta e il Principe William adesso ha una consorte magra da fare schifo che non sono io.
Dalla bimba che sognava castelli e abiti da sposa modello Sissi, siamo passati alla fase indipendenza: "starò benissimo da sola, farò il magistrato alla procura di Palermo e seguirò le orme di Borsellino." (Se ve lo state chiedendo: no, non ho mai avuto progetti futuri che comprendessero lavori tipo pediatra, infermiera o maestra che vanno di gran moda tra le bambine!).
E mentre le mie amiche avevano i primi approcci con l'amore, cambiando il fidanzato con la stessa frequenza con cui si cambiano le scarpe, io le guardavo da lontano sognando la mia vita da "principessa del foro". Le amiche continuavano a dirmi che sarei stata il primo presidente della Repubblica donna e io un po' ci credevo.
Rifiutavo come la peste tutti quelli che tentavano un approccio e non c'era mai nessuno che m'interessasse davvero.
Una volta un tipo mi regalò un mazzo di rose rosse, io le guardai, sorrisi e le diedi alla mia amica: "Sono tue! Fanne ciò che vuoi!".
In compenso, ero diventata bravissima a evitare gli approcci amorosi. Appena fiutavo qualcosa, cominciavo a dire di essere innamorata di qualcun altro, non bene identificato, o raccontavo storie assurde che m'impedivano di proseguire la storia.
L' amicaGF utilizzava questo mio talento per scaricare anche i suoi ragazzi, cosa che succedeva spessissimo e ogni qual volta incontrava qualcuno che le interessava di più. Le mie scuse erano sempre ben articolate, di fantasia e dette da lei sembravano anche molto credibili.
Ero allergica alle cose pucciose, alle uscite mano nella mano, ai mezzi cuori e agli sms che iniziavano con "buon giorno raggio di sole!" (le poche volte che li ho ricevuti ho riso per giorni e non ho mai più sentito chi li aveva mandati!).
Solo che a un certo punto, allergica per quanto vuoi, uno che ti fa innamorare perdutamente lo trovi lo stesso. Uno con cui sogni matrimonio, figli e vacanze al mare. Che lo guardi negli occhi e pensi che vorresti che tua figlia (a cui hai già scelto nome, sport, hobby e carriera) li avesse uguali. Cominci a guardare le vetrine degli atelier da sposa e sogni il giorno in cui entrerai con tua madre e la testimone di nozze in lacrime. Immagini il giorno in cui tornerà stanco da lavoro e  gli farai trovare un ciuccio vicino al piatto della cena, te lo vedi in lacrime il giorno del parto. Lo sogni mentre insegna a figlio1 a sciare e a figlia2 a nuotare. E cose così.
E magari ci stai degli anni e vedi tutti i tuoi progetti andare in soffitta. Procuratore a Palermo? "Ma no, figuriamoci. Al massimo lavorerò in un ufficio e part-time, così lui fa carriera e io sto con i figli" (che non avete ancora, eh!). Le orme di Borsellino? "Ma chi, io? Naaa, meglio imparare a fare la pasta al forno e la crostata alla crema". A poco, a poco metti da parte te stessa per far spazio a qualcuno che non sei tu.
Un giorno, però, ti svegli e c'è nella tua testa una vocina che urla. "Volevi viaggiare, volevi fare grandi cose non le lasagne, volevi essere il presidente della repubblica non un'impiegata part-time. Come ci sei arrivata a questo punto?". Il più delle volte quando capita è già troppo tardi. Io, invece, ho avuto la fortuna di sentire la vocina ancora giovane e piena di belle speranze.
E questo è quello che succede dopo: Emme che voleva fare la principessa e poi ci ha ripensato.

"Perché non apri un blog?"


"Perché non apri un blog?" è la frase che mi sono sentita dire più spesso ultimamente dalle amiche che dovevano sorbirsi lunghissime email in cui raccontavo, più o meno ironicamente, la mia vita. La mia risposta era sempre quella "non sono capace e non avrò mai la costanza".
Poi, un paio di pomeriggi fa mi sono detta che avrei potuto provare, che al massimo potevo anche non scrivere nulla o chiuderlo dopo qualche settimana.
E ora eccomi qua con il foglio bianco del primo "post" senza avere la più pallida idea di cosa scrivere, e ciò la dice già lunga sulla durata di questo spazio.
La verità è che sono una che scrive sempre e di getto (il più delle volte per rileggersi dopo mesi o anni per ricordare quanto fosse cretina in quel periodo) e che, soprattutto, non ama farsi leggere.
E, allora, perché stai scrivendo su un blog pubblico? Non lo so!
Mi sono lasciata prendere dall'entusiasmo della novità, dalla felicità che mi è presa pensando a queste pagine piene di parole che parlano di me e di tutto quello che ho attorno. Ed era da tanto, troppo tempo che non avevo questa gran voglia di fare.
"Quando tira un po' di vento che ci si rialza un po' e la vita è un po' più forte del tuo dirle: "grazie, no!". Quando sembra tutto fermo la tua ruota girerà!".
E con questa in testa comincio quest'avventura.
Perché dopo tutto un po' me lo merito.