sabato 30 marzo 2013

Marzo e un sorriso..


Marzo è volato in un secondo. Un battito di ciglia, qualche brivido sulla pelle e puff!, siamo ad Aprile.
E’ arrivato il sole e me lo sono goduto tutto. Sdraiata su un prato a Roma e poi al paesello. Una reflex da imparare ad usare  e tutta la voglia di rubare un po’ di colori a questa stagione, un po’ di odori, un po’ di bellezza.
Le maglie di cotone a righine, il gelato alla nocciola che cola sulle dita, gli occhiali da sole a coprire i segni delle notti insonni.
E’ il periodo dell’anno che amo di più in assoluto. 
E poi mi sento serena, come se stessi andando, finalmente, nella direzione giusta. 
Ho scritto poco, è vero, ma solo perché ho sentito il bisogno di leggere, ascoltare, guardare di più. Di immergermi nelle emozioni di altri per cercare di codificare le mie. E poi, mi capita ultimamente questa cosa strana e per me nuova, che ogni volta che scrivo mi viene la voglia di farlo leggere alla gente. Io, capite? Quella che s'è fatta un blog sotto pseudonimo perché farmi leggere era l'ultima cosa che volevo. Anche per il blog, mi verrebbe voglia di dirlo a un paio di persone. Tipo: "Quella sono io!". Ma niente, mi renderei vulnerabile e si sa che non sono capace. 
Comunque, tornando a Marzo, avevo dimenticato cosa vuol dire “prima volta”, rimosso i vuoti allo stomaco, i formicolii alle gambe, l’incertezza del “chiamo oppure no”?
Non sono innamorata e non credo sarà mai amore. E allora? 
Allora, non lo so. 
So che è una cosa che mi farà male. 
So che siamo diversi, che non c’entro niente io con lui e lui con me, che sto benissimo anche da sola.
So che a lui non interesserà mai davvero.
L’ho sempre saputo e l’ho scelto consapevolmente. 
Io, che sono una maniaca del controllo, mi sono impigliata in una situazione poco chiara con una persona che sfugge. Sarà una specie di punizione divina, oppure semplicemente una lezione di vita. Imparerò da lui che non tutto si può avere in pugno, che non ha sempre senso analizzare e che c’è qualcosa di speciale anche nell’imprevisto.
Ovviamente, avevo detto che lui per me era un "mai" categorico. Che sì, è tanto interessante, anche carino ma non faceva per me. "Lo lascio alle ammiratrici sbavanti che gli vanno dietro", quante volte l'avrò detto? 
In ogni caso, ancora adesso, non voglio niente. Neanche promesse facili.
Lui non capisce, probabilmente. Lui che chissà quante volte si sarà trovato in questa situazione, in lenzuola non sue con una che dimenticherà il giorno dopo. Lui che è un mondo da scoprire ma di cui non posso parlare mai con nessuno perché non sarebbe opportuno. E’ una "storia" tutta mia, da proteggere dagli altri che non capirebbero.
Lui che, magari, sarà solo un ricordo tra qualche mese. 
Se chiudo gli occhi per un secondo, però, lo vedo quel sorriso. Gli occhi profondi e quel sorriso. E viene subito da ridere anche a me. 
Stesa al sole, con il cuore che batte forte, me lo chiedo: “come ci sei arrivata a questo punto?”. Non trovo mai una risposta. 
Il bello, alla fine, è anche questo: non trovare risposte ma non smettere di farsi domande.

Se scrivo di più, se sogno di più, se oso di più, in piccola parte è anche merito suo. Se non l’avessi mai incontrato e non mi fossi incuriosita dei discorsi che faceva, di questa cosa che è un segreto, probabilmente in questo momento starei vivendo un’altra vita. 
Un po’ “Sliding doors”. 
Ecco, se io quel giorno fossi restata a casina mia non ci sarebbe nessun blog, nessuna partenza da organizzare, neanche un paio di obiettivi da realizzare. Non ci sarebbe neanche questo post che non parla di niente.
Lui non c’entra niente con me, mi farà male ma, senza dubbio quest’anno, è stata la cosa migliore che mi sia capitata.

mercoledì 13 marzo 2013

Inno alla mia vita..


Mi capita di svegliarmi felice. Non è una cosa rara ma neanche troppo frequente.
Come questa mattina che mi sono svegliata con questa in testa e che quindi fa felicità doppia (almeno per me).
Ho sognato di tornare al liceo: i compiti in classe, il debito di fisica, il prof d'italiano che mi metteva 6 in un compito che pensavo di aver fatto bene. Avevo quell'ansia del "merda, gli esami non finiscono proprio mai" ma, poi, mi sono svegliata e ho capito che avevo finito già da un pezzo.
Quindi, via l'ansia della scuola, via tutto, per realizzare che sono una persona fortunata.
A volte, basta sorridere al mondo per scorgere un po' di sole. Così ho cominciato a ridere alla finestra che mi rimandava un cielo grigio e piovoso.
Cosa c'è di meglio di una buona, sana e rilassante risata quando le cose non vanno proprio nel verso giusto? 
Sono una persona fortunata e me lo voglio ricordare anche oggi. 
Ho dei genitori che mi hanno insegnato il rispetto e la fiducia. Mi hanno detto di regalarmi al mondo che non è così male come lo fanno sembrare e avevano ragione.
Ho degli amici che mi sostengono, mi tengono per mano senza chiedermi perché ne ho tanto bisogno. Ho delle amiche che prenotano la torta del gusto che piace a me solo perché al cioccolato non mi piace, che mi dicono "buongiorno principessa" come fossi una cosa preziosa, che mi fanno sentire amata anche solo con un "non vedo l'ora di vederti!". 
Non sempre le cose mi sembrano così chiare e riesco ad apprezzare questi piccoli momenti ma mi sforzo di farlo spesso. 
Siamo sempre lì a lamentarci e mai una volta a dire: "cacchio, quanto sono fortunata".
E io oggi me lo voglio ripetere: sono fortunata.
Se adesso mi dovessi riproporre qualcosa, allora mi direi di abbracciare, baciare, ridere e amare di più. 
Per piangere ci sarà sempre tempo. Per lamentarsi tutta una vita. 
Ma quando capitano queste giornate che ti addolciscono l'anima, si dovrebbe uscire e urlarlo al mondo.
Amo la mia vita.


martedì 12 marzo 2013

Roma



E' ancora buio. Mi guardo intorno: la casa dorme e c'è un silenzio irreale.
Chiudo la valigia con qualche difficoltà, ci litigo un po' e faccio per sedermici di sopra. Ho portato troppe cose, ne ho usate troppe poche.
Chiudo la porta e faccio più piano possibile. Esco da questa casa dopo averla abitata per una settimana e so che da domani vivrà normalmente, come se non avessi lasciato tracce.
Per strada non ci sono ancora macchine, non ci sono tram e neanche autobus. I negozi hanno le serrande abbassate e non c'è l'odore di pizza al taglio che sentivo di solito.
Mi stringo nel cappotto, c'è un vento freddo che è piacevole ma anche no.
Il rumore dei miei passi accompagna i pensieri. Mi fermo al semaforo rosso. Ci si ferma anche quando non c'è nessuno per strada, no?
Vado in metro e mi siedo a leggere mentre aspetto. Accanto a me due ragazzi si tengono per mano e continuano a baciarsi. Di solito, di fronte a scene così, m'infastidisco ma oggi va bene tutto. Amatevi che fa bene.
Lascio Roma per l'ennesima volta ma questa pesa di più.
Abbiamo riso e pianto insieme. Mi ha mostrato la parte più bella, quella meno turistica, un po' più intima.
Mi sono persa per le vie del centro come si fa quando non hai altro da fare. La gente sorride nelle vie più strette. Un sorriso dolce che ti fa sentire a casa.
Ho avuto ritmi normali, senza strafare e senza quella mania di voler vedere tutto.
Mi sono fermata un pomeriggio a mangiare cupcake, bere caffè americano e scrivere. Fuori pioveva e io mi sono sentita in pace con il mondo.
Anche la pioggia a Roma può essere speciale: diventa una città colorata di ombrelli. Qualcuno ti ferma e tenta di vendertene uno e la gente si scansa e s'infastidisce, io, invece, lo trovo meraviglioso.
E' bello vedere una città bagnata, colorata e anche un po' incazzata ai semafori.
I romani sono.. romani e non trovo un aggettivo per descriverli. T'intercettano per strada, in metro, in tram e fanno i simpatici. Fanno domande, che è strano per me abituata a farmene molte ma non a farle agli altri.
A volte, non so rispondere e resto muta e imbarazzata. Siamo abituati a farci i monologhi ma poco a rispondere alla gente.
Lascio questa città e so che mi mancherà terribilmente. Anche aspettare l'autobus che non passa, anche quel tempo un po' ballerino che un po' c'è il sole e un minuto dopo c'è il diluvio, anche quell'incertezza di non sapere cosa fare.
Il prato di Villa Ada che è meglio di Villa Borghese, il lungotevere illuminato  a festa e quel tipo strano che pensa che io stia in silenzio solo perché ho un fidanzato.
Mi mancheranno le mani di lei che più mi stringe e più ho la sensazione che la "mia" bambina è cresciuta.
Mi mancherà respirare quest'aria che mi fa stare così bene.
Ma tanto torno e la prossima volta, magari, è per sempre.



martedì 5 marzo 2013

Nessuno (come te)

"Fiorisca il cardo di viole, poi fra le viole sceglie te. Perciò stanotte dormi qui che non esiste oscenità freghiamo la pornografia. E dammi figli e oscenità e sesso orale e dignità" (Baustelle - Nessuno)


Ascoltavo questa in loop e le lacrime non facevano che scendere. Non c'era modo per fermarle.
"Che modo stupido per piangere", pensavo. Chissà perché, poi. 
Il perché l'ho trovato in questi giorni, dopo settimane da quel pianto. 
Forse, piangi quando sai che nessuno al mondo ti dirà mai le stesse cose ("E dammi figli e verità e tenerezza e dignità. Non ho amato mai nessuna come te!"). 
Tenerezza, oscenità, dignità: amore. 
Sono nella fase della mia vita in cui non so quello che voglio davvero.
Seguo l'istinto, il cuore, la passione. 
Poi piango e mi trovo fragile come mai successo prima. 
Mi trovo in situazioni quasi assurde ma continuo imperterrita. So che mi faranno male ma non mi fermo.
C'è una vocina nella mia testa che mi dice di scappare e correre il più lontano possibile e poi c'è il cuore che batte, c'è la pancia che fa i salti, le gambe e le mani che non hanno mai voluto nient'altro che quello. 
Dare ascolto alla testa, quando il resto degli organi vanno in direzione opposta, è quasi impossibile.
Allora, resto. 
E mi regalo attimi di vita. Da ricordare, da cancellare, chi può dirlo adesso? 

Un giorno la mia testa mi urlerà che me l'aveva detto, che sono la solita stupida.
Risponderò che ne è valsa la pena. Avrò gli organi ammaccati e doloranti e chissà quando si riprenderanno. Ma ne è valsa la pena.
Ne è valsa la pena per gli odori, per i sapori, per il calore, per il mio cuore, per il tuo cuore, per il giorno dopo e per quello prima, per i tuoi occhi, per le mie mani, per il sangue che sentivo pulsare.
Perché sì.