mercoledì 23 gennaio 2013

Una notte di stelle cadenti a Londra



C'è quest'odore di biscotti e di prato tagliato da poco. C'è questo cielo blu scuro, con tutte le stelle che lo illuminano. Quando vai a Londra ti dicono che il cielo non lo vedrai mai: stronzate.
C'è la luna che ci guarda dall'alto, tonda e meravigliosa. C'è la musica che arriva da lontano così come le risatine, gli schiamazzi, le canzoni urlate.
Sono seduta sul prato e guardo il cielo.
"Se vedi una stella cometa, qual è il tuo desiderio?", mi chiedi.
Ah, già, è anche il dieci Agosto. E io non lo so che cosa voglio desiderare, non so neanche se sono capace.
Ho già tutto qui, per ora. Sono a Londra, sono felice, ci sei tu che mi fai ridere e sento arrivare, dall'altra stanza, la voce della mia bionda. Che altro dovrei volere?
Mi hai detto che non ci credi, non posso essere così giovane e così senza sogni. E infatti, non crederci. E' una favola che mi racconto ogni tanto e a cui voglio credere anche io. Mi piace dire alla gente che sono realista e con i piedi ben saldati alla terra.
Poi, di notte, i sogni arrivano tutti insieme: castelli, occhi, baci appassionati, avventure che tolgono il fiato.
Ma di giorno, no, non si può credere alle stelle cadenti.
Sin da bambina mi hanno insegnato che tenere i piedi per terra era meno doloroso. Quando stai sulle punte, il soffitto sembra meno lontano così come il cielo, ma quasi subito arriva il dolore, il sangue, le ferite da curare. Un minuto più vicino al cielo e una settimana con i cerotti sull'alluce.
"Sei bellissima",  dici.
No, che non lo sono. Divento subito rossa e mi copro la faccia.
Tu lo sei, Lorenzo, e non sai che tutte le altre vorrebbero essere qui al mio posto. Oppure, lo sai benissimo ma hai scelto me perché ero la più disinteressata di tutte.
Mi hai fermato e mi hai offerto una sigaretta. Io non fumo. "Lasciamene una lo stesso, la porto alla mia amica". Mi hai guardato strano come si fa con la gente un po' scema. Non m'importa.
Quando sono rientrata in camera, con la sigaretta, mi hanno fatto il terzo grado. "Ma che ti ha detto? Ma ha sorriso? E tu?".
E io? E io niente. Non lo so che si fa in questi casi. Non sono brava ad ammiccare.
"Emme e buttati ogni tanto. E prova a darti uno slancio".
Uno slancio: mi hanno insegnato anche quello a ritmo di musica. Sette, otto e grand jete. E lo sai cos'è, un grand jete? E' un saltino che mi tiene sospesa per aria per qualche secondo, poi sono di nuovo giù, pronta e già in posizione per fare altro. Non te lo puoi godere quel salto, non puoi distrarti mentre sei per aria.
E come faccio a darmi lo slancio, se so già che dovrò tornare alla posizione di partenza dopo qualche secondo?
Mi hai detto che sei di Forlì. Io non so neanche dov'è, in geografia sono sempre andata male. Quando la professoressa mi chiedeva dell'India, dicevo che era ad est, che era colorata e faceva odore di spezie. E lei mi metteva 4 e io continuavo a pensare ai veli sulle teste delle donne indiane.
"E' facile!". Prendi il palmo della mia mano e mi disegni l'Italia. "E' qui!".
Ma io, Lorenzo, mi sono persa alla seconda linea che hai disegnato. Forlì potrebbe essere vicino Londra o a qualche km dalla Lombardia. Non fa differenza. Magari, per stasera, facciamo che Forlì si trova al centro della mia mano.
Sembri uscito da una pubblicità mentre io arrossisco per qualsiasi cosa.
Ai tuoi complimenti, rispondo con un "non esageriamo". Metto le distanze così non si fa male nessuno. Non esageriamo che diventa "non esagerare". Facciamo che io mi costruisco un piccolo muretto di mattoncini rossi fatto di parole, così continuo a ridere con te ma so che ho il cemento a proteggermi.
Non esageriamo che, nei miei occhi, vuol dire "esagera". Esagera e prendimi per mano. Facciamo che costruisci un ponte così io la smetto di trincerarmi dietro le parole.
Qualche giorno e riparto. Torno a casa mia e rubo un po' del colore dei tuoi occhi per fissarlo nella mia mente. Per tornare e dire alle amiche di questo Lorenzo, di Forlì, che è bello da morire e che mi ha fatto ridere per tutta la notte di San Lorenzo.
Niente promesse. Sappiamo entrambi che non servono. Ci dimenticheremo presto l'uno dell'altro. Poi, siamo qui, adesso, e che senso ha dire che mi penserai se non ci credi neanche tu?
Mi pensi adesso e basta. Mi stai tenendo la mano e mi stai indicando le stelle fingendo di capirne qualcosa. Stiamo inventando le costellazioni insieme, tanto chi ci ferma?
"You're beautiful, it's true". Sento tutti gli altri che la cantano. James Blunt va forte quest'estate.  "There must be an angel, with a smile on her face... I will never be with you".
Ti ho appena finito di raccontare il motivo per cui tutte le amiche mi chiamano Alice e stai ridendo. Perché abbiamo letto un libro tutte insieme e la protagonista è talmente simile a me che ogni tanto, quando devono prendermi un po' per il culo, mi chiamano così.
"Oppure perché con quegli occhi e quel sorriso, sembri uscita dal paese delle meraviglie?". Resto un secondo in silenzio. "Che paraculata", ti rispondo.
Sbuffi e ti metti a braccia conserte. "Quanto la fai difficile? Prendila per quello che è e basta. E dai!".
E' il 10 Agosto, sono a Londra, su un prato inglese, c'è lui che non è male e c'è James Blunt in sottofondo. E' così difficile? No.
Dopo quella notte, mi hai scritto un biglietto. L'ho incollato su un quaderno.
"Sei stata la scoperta più bella e più simpatica di questi giorni. Anche se la fai difficile. So che mi mancherà la tua risata. Ci ritroveremo."
E' un biglietto di frasi corte e punti. Non lascia speranze perché lo sapevi subito che non ce n'erano.
Sono passati gli anni e non ci siamo ritrovati. Io la faccio sempre difficile e tu chissà dove sei.
Ma oggi, ti ho pensato perché l'ho ascoltato ed è inevitabile associarla a quella notte di stelle cadenti e di desideri esauditi.

lunedì 14 gennaio 2013

Cucina con Emme: la carbonara


All'età di 23 anni anche detta da mia madre "IoAllaTuaEtàEroSposataeAvevoUnFiglio" ho dovuto chiamare Fratello2, il piccolo, per farmi spiegare il procedimento di una carbonara. 
"Pronto?!?"
"Si, ciao, Fratello2. Come faccio a cucinare la carbonara?"
"In che senso, come fai?" 
"In che senso? Nel senso che non la so fare e tu mi guiderai a telefono".
Risata, fragorosa. 
"Gli ingredienti ce li hai?"
"E che ne so io! Mi aspetto che me lo dica tu! Che si ci mette in una carbonara?"
Risata, ancora più forte. 
"Intanto, prendi una noce di burro!"
"Una noce quant'è grande?!? Spiegati, cristo!"
"Emme, una noce di burro. Una noce. Un po'." Momento di silenzio in cui si perdono tutte le speranze. "Vabbè fai tu"
Ne prendo poca (erroraccio a quanto pare) perché si sa che il burro è grasso e in questo momento ho bisogno di tutto meno che di cose grasse. 
"Ok, ora prendi la pancetta a cubetti e mettila nella padella dove hai precedentemente spalmato il burro"
"Ma non ce l'ho la pancetta a cubetti!!"
"Metti il guanciale!"
"Ma non ce l'ho il guanciale!"
"Il prosciutto cotto?!?"
"Naaa!" 
"Ma come cazzo la fai la carbonara, scusa?!". Abbandona ogni speranza. "Emme, metti un po' di salsiccia!"
"No, niente. Neanche quella. Ci posso mettere il tonno???"
"Il tonno? Sei seria?".

L'epilogo è stato meno triste di quanto pensate. Alla fine, ho fatto la carbonara con il prosciutto crudo. La pasta più salata mai mangiata in vita mia. 
Il problema è che non mi piace particolarmente mangiare. Sono di quelle che mangia per vivere e che se salta qualche pasto non ne fa poi una tragedia. 
Preferisco un po' di tonno con il pomodoro ad un piatto ultra elaborato.
E poi, sono il risultato di una società consumistica e borghese (bleh, schifo, bleeeh). Cresciuta a Kinder Delice e pizza, patatine fritte e gelato. 
Ho la manualità in cucina, ma anche in generale nella vita, di una scimmietta. Ma da sempre.
Da bambina era quella che si isolava a leggere mentre tutti i bambini giocavano a quadrato, che poi a me tutto quel baccano e quelle risate mi davano fastidio.
Che detto così sembro di quelle tipiche nerd asociali e senza amici. In realtà, amo il casino, la gente, ridere forte per le cose sceme e fare nottate senza un motivo.
Però, poi arriva un momento - ed era così anche da bambina -  in cui ho bisogno di restare sola. Per parlarmi, per scrivermi, per mettere insieme le idee. 
E sarà stato in questi momenti di isolamento che gli altri hanno acquisito capacità manuali pazzesche mentre io fatico ancora a mettere le formine a stella e cuoricino nei posti giusti. 


Ma so che ho grossi margini di miglioramento. Un giorno, non molto lontano, sarò meglio della Parodi e della bionda di Rai Uno messe insieme. Se ce la fanno loro e anche Barbie, c'è speranza per tutte. 


mercoledì 2 gennaio 2013

"Ribelle", One day "To Rome with love"!


Ieri sera, in preda alla noia post festività, ho fatto una maratona di film - unico sport estremo che riesco a reggere.
Sky on demand, che dio l'abbia in gloria, mi offriva centinaia di film nuovissimi che non avevo visto. Esclusi i vari Twilight, tre metri sopra il cielo, ti voglio sposare/ amare/cresimare/battezzarenostrofiglio, ho optato prima per un film semi impegnato: "To Rome with love". Regia di Woody Allen, interamente girato a Roma, con un bel pacco di attori italiani. 
Credo sia il film più brutto, più senza senso, più illogico girato a Roma. Allen tenta di scopiazzare Fellini, di farci vedere una Roma un po' "Vacanze Romane", un po' "La dolce vita" ma non ci riesce. E per una che guarderebbe film su Roma, anche in bianco e nero, anche muti, è strano dire che sono arrivata alla fine con fatica. 

                                                                                     
Sono passata, poi, al drammatico: One day. 
Nonostante all'inizio avessi qualche perplessità, alla fine mi sono trovata a piangere come una bambina inconsolabile. Non vi spoilero il film perché merita di essere visto, anche solo per amare quelle scene riprese attraverso lo specchio della stanza in cui i due si trovano. La storia è tratta dall'omonimo libro "One day" di David Nicholls che, dai commenti letti su internet, deve essere davvero bellissimo (e che sarà di sicuro il mio prossimo acquisto!).
E per le donnine: io il protagonista maschile, tale Jim Sturgess, l'ho adorato. Semplice ma affascinante, soprattutto alla fine con i capelli corti e brizzolati. Tornando al film: una storia d'amore fuori dai canoni delle solite commedie americane. Una storia sofferta, voluta e cercata. La fredda lucidità di Emma che ha sempre saputo cosa voleva e Dexter che si perde per ritrovarsi.  Niente: guardatelo! (Ma preparate i kleenex!)
Per ultimo, quando pensavo che non avrei retto a un altro film, ho scelto Ribelle - The brave. Meraviglioso capolavoro della Pixar che mi ha tenuto incollata alla tv fino alle due del mattino. 
Se pensate di essere troppo grandi per un cartone animato uscite da questo blog vi sbagliate e di grosso. 
Merida, la protagonista femminile di questa fiaba moderna, è strepitosa. Una principessa incazzata di come non se ne sono mai viste prima. 
Una principessa riccia, finalmente. E non riccia, tipo: "Ho i boccoli che cadono sulle spalle così, naturalmente" (vedi Rosaspina/Aurora ne "La bella addormentata"). Nooo, una RICCIA VERA! Una riccia che fa sentire meno cessa anche gente come me. Una riccia da "Ma stamattina li hai pettinati quei cazzo di capelli o hai usato il forcone del nonno?". 
Perché non so se avete notato le acconciature delle principesse Disney. A parte Biancaneve con quel taglio osceno, tutte le altre hanno queste chiome fluenti che NON ESISTONO. E le bambine, come me, si sentivano sempre un po' escluse. Tra l'altro, sempre togliendo Biancaneve, tutte bionde e tutte con gli occhi chiari. Questa principessa è una rossa verace, di quelle che al mio paese taccerebbero per "donna tinta" (cioè cattiva!). 
Merida è una a cui non interessa l'amore: non dorme per anni aspettando il bacio del principe e non aspetta che uno le porti una scarpetta di vetro per provare al mondo di essere una principessa. Sfida tutti e se stessa. Combatte il suo destino. 
Ho riso e sperato insieme a Merida. 
Un cartone animato nel quale esce tutta la forza delle donne e quella lotta interna tra scegliere la propria strada o fare la cosa giusta che renda felici i genitori. La madre di Merida, la regina, è un altro personaggio forte e bellissimo. Pensa di fare il bene della figlia ma arriverà anche lei, in un modo tutto particolare, a comprendere quella piccola ribelle. 
Un cartone che, forse, non farei vedere a mia figlia piccola (se ne avessi una). Un po' troppo cruento in alcune parti. Ma che consiglio dai 12 anni ai 99.  

Un po' mi rivedo in Merida. D'altronde anche lei voleva fare la principessa e poi ci ha ripensato! ;)

Ribelle, One Day "to Rome with love": sembra, tra le altre cose, il titolo del film della mia vita!!

E voi, li avete visti? Che ne pensate?