mercoledì 31 ottobre 2012

Ma davvero mancano 54 giorni a Natale?


Qualcuno, oggi, mi ha ricordato che mancano 54 giorni a Natale. 
D’un tratto ho sentito quella musichina che di solito si sente nei film horror quando la povera vittima si rende conto di essere sola, con il telefono fuori uso e il tipo mascherato e con una motosega in azione al piano di sotto. 
Ta-ta-ta-tà.
“Solo 54?”, ho pensato.
E subito pensieri tristi e da sociofobica hanno affollato la mia mente. 
"Ma che davvero?". 
54 giorni e ci risiamo: i pranzi, le cene, la briscola in 5 e quella con il morto, i parenti, le zie anziane che ti vedono una volta all’anno e hanno uscite simpatiche come “E il fidanzato? Eh, eh? Dov’è? Dove l’hai lasciato?” 
[Piccolo flashback di qualche mese fa: “Emme, e dov’è il fidanzato?”
“Quale fidanzato, zia?”
“Ah, perché ne hai più di uno?”
“No, però.. ci siamo lasciati da tempo, ormai”
“Ah, peccato. Era anche un bel ragazzo” sguardotristedicompassione rivolto verso di me che sorridevo come un’ebete(grazie zia 80enne che pensi che sono un cesso e non ne troverò mai uno uguale!). /piccolo flashback off]
o “Ti vedo più rotondetta. Brava, brava! E come mai? Tu che sei sempre stata magra?” (ma vaffanculo stronza dimmerda. Anche io ti trovo con più capelli bianchi e con meno denti ma non per questo ne faccio una ragione di stato. Ok?).
54 giorni per riprendere la stronzata del “siamo tutti più buoni”, che mi verrebbe da dire: “perché proprio a Natale, perché SOLO a Natale?”. 
54 giorni (o anche molto meno!) per ritrovare i negozi tutti addobbati e che hanno come sottofondo e in loop canzoncine idiote tipo: “All I want for Christmas iiiiisss youuu” che a me ogni volta mi vengono in mente queste vestite da Babbe Natali. Tutte seeecsissime. Con le gonne ultra corte. Ma nessuno gliel’ha spiegato che è “a Natale siamo tutte più buone” e non più bone?
Che poi, più un bone un cazzo. 
54 giorni per ricominciare a contare le calorie e i kg che aumentano. Perché scusa, vuoi rinunciare al cioccolato, al pandoro con la crema al mascarpone, ai cannelloni e ai torroncini? 
Presa dal panico per tutto ciò, ho anche ricordato un tempo antico in cui il Natale mi piaceva. MI PIACEVA!!
Canticchiavo beatamente “Tu scendi dalle stelle” e ci tenevo a comprare un vestito nuovo per la notte della vigilia. Guardavo l’albero con tutti i regali sotto e il cuore si riempiva di gioia. Adoravo quell’odore tipico di quei giorni di festa che si sentiva per casa, un mix tra la vaniglia delle candele accese e l’odore dei “cardi” fritti della nonna (sembra rivoltante ma era fantastico, giuro!). Ma ero piccola. Anche scema, sì. Non conta. 
Quindi, ho deciso che l’unico modo che avevo per esorcizzare il terrore era scrivere una letterina a Babbo Natale.
Che fa così:

Caro Babbino,
io a te non ci credo e il Natale quasi lo schifo.
Però, sono brava e buona. Ok, ok.. sono un po’ acida e delle volte rispondo in un modo che neanche mia zia quando era zitella. 
Ma ho le attenuanti: sono davvero zitella e ho, ormai, una sociofobia conclamata.
La letterina non te l’ho mai scritta neanche da bambina. A 6 anni volevo “Ciccio mio” che piangeva, rideva e faceva la cacca e ho portato la mamma al negozio per prenotarlo. Sono sempre stata pragmatica. 
Ma quest’anno no! 
Intanto vorrei un fidanzato (no, non è vero. Quello che voglio in realtà lo sai. Ma sono una signorina e certe cose non posso scriverle davvero.)
Per andare più sul materiale, mi piacerebbe la Chanel Classic Flap Bag (ti dovesse sfuggire qual è, eccola:
Caro Babbino, farò la seria per qualche minuto.
Vorrei avere la voglia di studiare perché è ora che io cominci a pensare alla mia laurea oltre che a quella delle amiche.
Mi basterebbe, poi, non sentirmi così fuori posto quando mi troverò di fronte a carrelli della spesa pieni di ogni cosa, alberi di Natale riempiti da regali inutili, sorrisi falsi e ipocriti sui volti della gente. 
Mi basterebbe sapere che tutti stanno più o meno bene, che si affronta la vita con ottimismo nonostante tutti i “problemi” che si pongono di fronte a noi. 
Mi accontento di volermi bene davvero. A Natale e anche dopo. 
Poi, certo, se la Chanel e le Louboutin, lì al Polo Nord, ti avanzano, io le prendo con immensa gioia. E poi dico a tutti che esisti davvero. E che il Natale è bello. 
E magari, mi passa anche quest’ansia pre festività. Perché, se non si fosse capito, ho scritto tutto questo solo perché 54 giorni sono pochi e io non ce la posso fare.
Babbino, un’ultima cosa, dovesse finire il mondo giorno 21, come ci hanno “detto” i cugini Maya, ricorda che io ti ho sempre voluto bene.

mercoledì 10 ottobre 2012

Lettera a G.


Lo squillo di un telefono e il corso di una vita che cambia. 
Lei dice a lui di sedersi ma di non preoccuparsi. In realtà, gli vorrebbe dire di stringerla forte e aiutarla a fare uscire le parole giuste perché in quel momento tutte quelle che pensa sono troppo dolorose, banali o stupide.
Lui la guarda fiducioso. Non sa, non può sapere. Poi è tutta una corsa contro il tempo, una corsa anche contro la razionalità e contro se stessi.
Lui dice che non è possibile, “si saranno sbagliati”, lei piange in silenzio perché anche il rumore di un singhiozzo in questo momento potrebbe disturbare.
E’ un silenzio che ti entra dentro, irreale e assurdo. E’ un silenzio che contiene tutta la rabbia e tutte le parole che girano confuse nelle loro teste.
Un orologio si è fermato, qualcuno ha urlato, qualcun’ altro cammina avanti e indietro come un padre in sala d’ aspetto, solo che nessuno sta nascendo.
E’ venerdì e fuori fa freddo. Lunedì inizia l’università e una nuova vita. Stipati in un angolo ci sono i quaderni, le penne e un porta penne a forma di rana. Acquisti felici di un pomeriggio senza pretese che adesso non hanno più alcun significato. 
Lei abbraccia perché sembra essere la valvola di sfogo di tutti, anche di chi non le parla da mesi. Non è ora della rabbia e neanche di vecchie questioni irrisolti. E’ ora di stringersi forte.
Lui ha lo sguardo perso nel vuoto come quei bambolotti di porcellana che un po’ spaventano. Una frase in bocca come una nenia antica: “Non ci entra, non ci entra. E’ troppo stretto, è troppo stretto”.
Nessuno da’ peso alle parole, nessuno ci pensa in questo momento. 
L’ aria è secca, pesante. Manca il respiro. Lei ogni tanto si siede lontana e sola, osserva quella strana compagnia che forma un semicerchio. 
Lui ha lo sguardo perso, accanto una donna che fa di “no” con la testa, più in là una ragazza che è tornata bambina e si fa cullare dal padre.
Si torna sempre un po’ bambini dopo un grande dolore, no? Perché è più facile scendere a patti con la realtà.
Lei ha la testa che scotta ma nessuna intenzione di andare via da quel posto. Le tempie pulsano e il battito è accelerato ma non è niente in confronto al vuoto che ha nello stomaco e il cuore che ha cambiato sede naturale.
Tutti hanno l’impressione che qualcuno entrerà dalla porta e dirà che è tutto un gioco, uno scherzo di cattivo gusto. E’ solo l’ultima illusione a cui aggrapparsi.
Non succederà niente. Resteranno lì immobili sopraffatti dal destino, dalla rabbia, dalle lacrime e da tutto il resto. 
Lei andrà a dormire con la febbre alta, la pelle bollente e il cuore freddo. Lei continuerà a pensare che è tutto un brutto sogno, che si sveglierà domani senza febbre e con il mondo al suo posto.
Lui, invece, no. Lui ha capito che è tutto vero. Sfogherà la rabbia dando qualche pugno al muro, dirà che è ingiusto, che la vita non è giusta. Ma lo sa di già, Lui, che la vita non è come ce l’aspettiamo, che ci ruba un pezzetto della nostra felicità ogni tanto. 
La differenza tra loro è anche in questo. Lei spera, Lui sa.
Domani sarà un altro giorno. Questo sarà sempre tra i ricordi da rispolverare ogni 10.10.


“Quando hai solo 18 anni, quante cose che non sai! Quando hai solo 18 anni, forse, invece, sai già tutto, non dovresti crescer mai. Se ti scrivo solo adesso è che sono io così, è che arrivo spesso tardi, quando sono già ricordi che hanno preso casa qui. Non è vero ciò che ho detto , qua c’è tutto a dire che ci sei. Fai buon viaggio e poi , poi, riposa se puoi.”

mercoledì 3 ottobre 2012

Di fiabe e illusioni..


Ieri, guardavo mia "nipote" guardare “La Bella e la Bestia”. Rideva di una felicità commovente, mi teneva forte la mano mentre Belle insegnava alla Bestia a mangiare con un cucchiaio.
La guardavo e pensavo che le illusioni iniziano proprio lì. Quando ti dicono che troverai qualcuno e riuscirai a cambiarlo in meglio o quando ti dicono che il principe azzurro alla fine sceglierà te.
Nessuno ci ha mai detto che con molta probabilità, la Bestia dopo la trasformazione si rende conto di essere bello, ricco, potente e con una fila di donzelle dietro il castello. Nessuno si è mai premurato di farci sapere che Belle, nel frattempo, è tornata a casa del padre e che alla fine ha sposato Gastone per la disperazione. 
Le favole sono favole e resteranno sempre tali. Capita che il principe non sia così principe,  che veda e senta più principesse contemporaneamente, che alla fine scelga la strega cattiva o che semplicemente s’innamori di un’altra principessa che non sei tu.
Noi, però, alle favole vogliamo continuare a crederci. Siamo ostinate in questo. Viviamo nell’illusione che alcune attenzioni siano rivolte solo a noi: gli sguardi, le frasi carine, le piccole cose che sembrano tutto.
Poi, ci distraiamo un attimo e lui è lì, a fare le stesse cose con chissà quante altre.
Per carineria? Per educazione? Perché sono così e basta?
Comincio a pensare che loro, gli uomini, poverini non lo facciano neanche con intenzione. Dicono le cose senza sapere che tipo di reazioni esagerate avremo noi, appassionate di fiabe moderne.
Che ne so, magari, dicono un “noi” e lo buttano lì proprio perché nella frase suona bene o perché, semplicemente, è più veloce di un “io e tu”. E noi, che facciamo? Ma, naturalmente, il conclave delle amiche. 
Tipo: “Ha detto noi! Ha detto noi! Pensi, che il prossimo passo è il matrimonio?”.
No, seriamente. Avevo iniziato il post pensando di scrivere il peggio sugli uomini ma più ci penso e più credo che quelle sbagliate siano le donne.
Siamo noi le complicate, bravissime a costruire film sulle frasi, esperte a vedere cose che nella realtà neanche esistono.
Siamo noi il problema o quelli che ci hanno detto che la vita finisce sempre con un “e vissero felici e contenti”.
Niente arriva dal cielo e per grazia ricevuta. Al massimo dobbiamo lottare per averla. Non esiste il principe che ci trova svenute, con una mela accanto,  ci bacia e ci sposa (senza neanche sapere il nostro nome, tra l’altro!). 
Nelle mie favole, Biancaneve è scappata di notte dalla casa dei nani e si è fatta una nuova vita, Cenerentola s’è incazzata con la matrigna e un bel giorno le ha fatto trovare la valigia davanti la porta sventolandole davanti la faccia un bell’atto di proprietà con il suo nome sopra e Ariel ha preferito restare sirena per tutta la vita piuttosto che rinunciare alla sua voce.
I principi vengono dopo. 
Oppure non arrivano affatto: e nelle mie fiabe di oggi, nessuno piange lacrime salate per questo.


L'immagine è presa da qui: http://amymebberson.tumblr.com/ (le sue mini principesse sono bellissime, oltre che esilaranti. Ve le (stra)consiglio!).