martedì 15 aprile 2014

Ti vedo


Io ti vedo.
E ti vedo per intero, ti vedo tutto.
Ti vedo quando arricci la bocca e però un po' ridi che non vuoi fare capire alla gente se è una cosa che ti piace oppure no, se ti fa ridere oppure no.
Ti vedo quando alzi il sopracciglio, quando ridi, quando hai l'espressione scocciata, quando sei stanco, quando sembri contento, quando non mi guardi neanche per sbaglio e quando, invece, ti fissi a guardarmi con quell'espressione che non so capire, che non so interpretare, ma sembra dolce.
Ti vedo quando rido e dico cose sceme e tu dici ma dai e però lo so che ti diverti anche tu un po' e lo so che pensi ma questa dove me l'hanno fatta trovare, ma questa, perché? 
E ti vedo chiaramente, a volte di più e a volte di meno.
E ti vedo così bene, anche quando non ti capisco, che non ho bisogno di trucchi, di giocare, di usare tattiche.
Non ho bisogno di controllare, di stare a guardare il tuo cellulare e il tuo computer, di mettermi vicino a te quando stai scrivendo un messaggio.
In un'altra vita l'avrei fatto.
Avrei guardato il tuo cellulare, avrei letto cosa scrivi alle altre, avrei cercato di capire chi sei davvero.
Ma sai cosa?
Io ti vedo!
Ci penso e dico che, sì, ti vedo, ed è estremamente liberatorio ed è quello che mi fa pensare che in qualsiasi modo andrà a finire, se un giorno non ci sarai più nella mia vita (non posso perderti, non ti ho mai avuto davvero), non sarà poi andata così male.
Ti ho visto e ho anticipato le tue risposte, le incazzature, ho capito prima degli altri da che parte saresti andato.
E se solo tu potessi vederti come ti vedo io, forse, non saremmo a questo punto e, forse, tu avresti un motivo per rischiarti la vita e per non fartela passare addosso come ti vedo fare.
Sei sempre preso da cose più importanti, più urgenti, più, più, più.
Chissà se esiste un momento in cui prima dei più vieni tu e vengono le persone che ami (esisteranno le persone che ami? sì, secondo me sì e sono le stesse di cui parli mentre ti fai brillare gli occhi).
Ti guardavo, l'altro giorno, eri a qualche metro ma saresti potuto essere anche a chilometri e non sarebbe cambiato molto. 
Ti guardavo e mi sentivo felice nonostante tutto. 
Perché ci sei stato e io sono stata diversa e ho scoperto di potere tutto e ho scoperto che non sono troppo mediocre o troppo poco. 
Ti guardavo e pensavo: io ti vedo! C'è molta gente che può dire lo stesso? 
Sono presuntuosa? Sì, può darsi ma stavolta voglio esserlo.
Mi fai scrivere cose che non avrò mai il coraggio di dirti o di spedirti, mi fai pensare di essere speciale un giorno e di non valere nulla il giorno dopo però, però, però ho avuto la fortuna di vederti, conoscerti. Ti pare poco?
A me no e mi basta così.


venerdì 4 aprile 2014

Rimmel


Se piangi che hai ancora il rimmel, ti bruciano gli occhi.
Sarà per questo che ci si strucca prima di andare a dormire.
Però, ieri sera non mi andava di struccarmi.
E neanche di parlare.

Avrei avuto bisogno di favole che iniziano con "c'era una volta" e finiscono "e vissero felici e contenti".
E una mano che mi accarezzava e mi diceva: non ti preoccupare, andrà bene e andrà meglio.
E nel frattempo singhiozzare ritmicamente senza sentirsi così stupida a farlo, senza sentirsi inadeguata e stronza.

E nessuno chieda il perché che tanto non lo so neanche io davvero. E nessuno che cerchi di capirmi come se fossi un oggetto di studio un po' strano, va così e poi passa.
E sono felice e poi no. E piango e poi rido.

E oggi piango.



giovedì 3 aprile 2014

La mia rivoluzione


Io lo so perché ho paura.
Lo so perché è sempre stata qui, la paura, al centro dello stomaco.
Era lì quando dovevo scrivere la data sul quaderno, in alto, e dovevo imitare le due g di Oggi come le faceva la maestra.
E io, non lo so, ma a me sembravano due disegni strani quelle due g, così attaccate, così armoniose. Inseparabili.
E la paura era lì quando mi hanno messo le punte ai piedi per la prima volta e dovevo ballare l'assolo de La Bella addormentata e io pensavo: non sono capace, cado, mi faccio male, non sono brava, non sono brava.
E la paura era lì quando qualcuno guardava me e io pensavo: di sicuro gli piace la mia amica.
Era lì quando non ero abbastanza magra, brava, bella, intelligente, simpatica.
Era lì ed è ancora qui.
Che essere la prima non era il sogno di nessuno, ma forse sì.
"Che la principessa è brava, la principessa è furba, la principessa non piange mai che è forte lei".
Mi piaceva che gli altri, che lui, vedesse soprattutto questo di me.
La forza, il coraggio, l'essere sempre autonoma, il non fermarsi davanti a niente e nessuno.
Lui aveva questa faccia orgogliosa quando gli dicevano che la "principessa" ha preso un bel voto, è così brillante lei, è stata così brava al saggio.
E lui diceva che, per forza, "è come me".
Però, la paura di sbagliare è sempre lì e più cresco e più inciampo.
A cadere quasi ci prendo gusto e lui molte volte ha smesso di guardarmi orgoglioso, tante mi ha detto che era deluso.
"Proprio tu..".
Proprio io decidevo di mollare tutto, anche la vita perfetta che mi ero costruita.
Proprio io mi prendevo quell'autonomia tanto sputtanata.
Proprio io che oggi mi sento una rivoluzionaria (o una rivoluzionata).

E c'è qualcuno che dice che non ha senso questa paura: t'hanno messo in testa che non sei capace.
No.
Molto di più.
Sono io che mi sono messa in testa di non essere abbastanza per la gente che ho intorno (anche quando brava lo sono stata davvero).
Ma questa è la mia rivoluzione.
Questo posto lo è, Roma più di tutti, anche scattare foto diventa una rivoluzione.

E, ora, chiedimi se sono felice perché ora ti direi che sì, sono felice.
E domani, lo so, mi passa.
Tornerò a non essere abbastanza. Ma oggi sono la rivoluzione.
La mia, prima di tutto.


"Perché so che quando il mondo sarà pronto a grandi cambiamenti, tu ne sarai parte.
Oggi sei già la mia rivoluzione."