venerdì 23 novembre 2012

Roma è Amor al contrario



Un giorno mi hanno scritto AMOR in verticale. Continuavo a guardare quella scritta senza capirne il senso. Ci provavo a trovarne uno, ma niente. Poi a un certo punto, è arrivata come un' illuminazione: "Perché mi hai scritto Roma al contrario?".  (E' successo davvero.)


Ho visto Roma di corsa. L’ho vista tra uno “sbrigati che è tardi!” e un “Dai! Perdiamo l’aereo”.
E’ stato un passaggio così veloce che mi sembra quasi di non esserci stata per niente.
Roma mi fa sempre lo stesso effetto: è adrenalina pura. 
Roma mi fa tornare bambina. Mi fa ricordare quelle sensazioni di stupore che difficilmente riusciamo ad avere nella vita di tutti i giorni. Roma è fatta di prime volte anche quando l'hai vista fino alla nausea.
Roma è quell’ odore di buono che pervade le strade. 
Sono le foglie gialle per terra in Via Veneto. 
Quella scritta “Dolce Vita” in rosso che potrebbe essere benissimo l’insegna di un  circo e invece è messa lì in quella che fu la via di Mastroianni e Fellini.
Roma è il rumore della metro, quel sali e scendi di persone. 


E’ una donna che canta lirica in Via dei Condotti, tra Armani e Jimmi Choo, con un maglione rosa pallido e un lettore cd del ’90. 
Roma è la monetina che lanci nella fontana di Trevi e il desiderio è sempre quello: “voglio tornare al più presto!”. Anche perché pochi altri desideri si avverano così facilmente.
E' lo stupore di uscire da quella via stretta, prima della Fontana di Trevi e vedertela all'improvviso lì davanti, imponente e meravigliosa. E' il rumore dell' acqua che non si ferma mai.
Sono le chiacchiere della gente seduta a Piazza di Spagna e la stanchezza che vedi sugli autobus. 
E’ quell’accento simpatico che ti fa sentire subito a casa anche se casa tua, in effetti, non è. 
Roma è storia che invece di farti sentire piccolo e solo, ti coinvolge e ti fa sentire speciale. 
Sono i passi lenti che si fanno nei vicoli così da guardare i fiori sui davanzali delle finestre e i tavoli fuori dai ristoranti, anche se è Novembre inoltrato.
Sono i negozietti con le maglie “I love Roma” che fanno tanto americanata, ma anche no. 
E’ una sposa che fa le foto in posa davanti una fontana.
Roma sono tutti i turisti che tengono sempre il naso all'insù a guardare quel cielo che è difficile trovare in qualsiasi altro posto.
Roma sono i negozietti piccoli, quell'insieme di oggettini e colori che fanno bene al cuore. 
Roma è la consapevolezza di essere bellissima e incasinata allo stesso tempo. E' una donna che se la tira perché sa di poterlo fare. Ti regala un pezzo di sè per poi farti pensare a quante altre cose ti ha tenuto nascoste. 
Non è mai abbastanza il tempo per viverla davvero, però, ogni volta mi sento sempre un po' più a casa. 
Roma mi fa battere il cuore in un modo che è difficile anche spiegare. E' come sentire di essere nel posto giusto, avere la sensazione che è lì che dovresti stare. Per sempre.
Magari. Un giorno. 


Roma è questo ma anche molto altro. Difficile spiegarla in qualche riga. Ho aggiunto un po' di foto che non sono neanche un granché. Non vogliono essere foto bellissime o professionali. 
E' ancora Roma raccontata in modo diverso che con le parole.


lunedì 19 novembre 2012

Emme su... Bloglovin

Sto scrivendo un post, del tutto inutile, per dire che adesso sono anche su bloglovin.

Follow my blog with Bloglovin

Tipo che adesso, chi vuole, può seguirmi da lì e sarà sempre a conoscenza dei miei aggiornamenti.
Non so chi lo farà. Io, se fossi voi, dubito che lo farei davvero.
Con questa storia del blog ci ho preso gusto (e silenzio tutti perché ho 3 post, ho detto 3, salvati in bozza e pronti per essere pubblicati).
Adesso potete anche lasciarvi andare con un "esticazzi" liberatorio. Esticazzi.
Il fatto che ci sia gente che mi legge mi lascia perplessa e allo stesso tempo inorridita se pensate che nessuno sa della presenza di questo blog (a parte quelle 4 amiche. Che non è un numero a caso: sono 4 veramente).
Però, mi fa piacere.
In sintesi: a me piace scrivere stronzate su questo spazio bianco/rosa/viola dal dubbio gusto, voi mi leggete e ogni tanto commentate, siamo tutti felici.
Quindi, adesso se volete sono anche su Bloglovin.

Emme

sabato 10 novembre 2012

Un sabato sera alcolico e d'incontri


Ho incontrato la mia compagna di classe secchiona delle medie.
Sticazzi, direte voi.
No, invece, ha dell’incredibile. Almeno per me.
Era sabato sera notte e stavo facendo discorsi impegnati sul cinema italiano con un amico. 
Dopo una birra e un sex on the beach cominciate a parlarmi di Sorrentino and friends e.. Gigi Marzullo con tutti i critici cinematografici della domenica notte, su Rai Uno, lèvatevi proprio.
Niente lì, con il cocktail in mano, biascicavo frasi senza un vero senso logico: “Ma sì, Bellocchio sarà Bellocchio ma secondo me anche Ciprì! E vogliamo parlare dei fratelli Taviani? Parliamone!”.
A un certo punto, con la coda dell’occhio vedo passare una ragazza.
Magrina. Capelli neri e faccia cadaverica. 
“Ma io quella la conosco!”, ho pensato. Naturalmente, faccio finta di niente e continuo a ridere di una battuta che non ho capito ma che non ho interesse a capire.
Ma la magrina si avvicina e con fare naturale mi dice “Ooooh Emme! Ma tu qui?”.
A quel punto è tutto più chiaro: la secca la conosco e anche bene dato che ci ho passato 3 anni, quasi seduta accanto.
“Oh! Secca! Ciao! Ma sì, sai ci vivo qui! E tu?”
“Eh, anche io. Faccio poca vita sociale ma sono viva. Che bello vederti!”.
La guardo meglio. Ha sempre la stessa faccia. Uguale. Più magra però, che alle medie aveva i fianchi come la Marini (e non è un complimento!).
“E allora, Secca, ti sei laureata? Ora che fai?”
“No, non mi sono più laureata. Ho lasciato l’università. Ma, ora lavoro”.
Cambio espressione mentre nella mia testa ci sono dei russi che ballano quel ballo che forse è polacco (se non avete capito qual è, non è colpa mia).
La Secca non si è laureata. Risata di sottofondo.
Colei che studiava, alle scuole MEDIE, dalle 15 alle 21 senza interruzione alcuna. Colei che non ha mai preso un voto più basso del 9. 
Quella che s’incazzava perché io prendevo gli stessi suoi voti ma studiando un quarto, frequentando il corso di danza e di recitazione e facendo il triplo di attività.
Colei che diventava verde acido ogni volta che i professori esaltavano il mio essere così brillante. “Emme può fare tutto nella vita” diceva la prof d’italiano, mentre di lei sforzava un “la Secca è brava!”. 
Ha lasciato l’università. Risata di sottofondo.
“Ah! Quindi, niente più laurea. E adesso che fai?”
“Ma niente. Mi sono convertita, lo sapevi?” 
“Convertita?” (Emme comincia a sentire l’effetto dell’acool)
“Nomediunareligioneavostropiacere. Poi, ho lasciato l’università perché voglio andare a servire il Signore in Africa. Voglio fare la missionaria.” 
(Emme trattiene ogni battuta oscena, idiota e fuoriluogo che il suo stato alcolico le suggerisce.)
“Bello. La missionaria in Africa. Bello. Bello”.
A quel punto avevo finito le parole. Non perché non apprezzi la scelta, che anzi condivido e ammiro, ma ricordo una Secca diversa.
Perché la Secca è quella che non è venuta in gita di terza media, quella attesissima da tutti noi come fosse la prima fuga da Alcatraz,  perché non poteva stare lontana di casa per 6 giorni. Va bene, eravamo alle medie ma negli anni non era molto migliorata. 
Al liceo non usciva di casa quando non aveva niente di nuovo da mettere, tipo che ti dava un appuntamento e quando non arrivava sapevi già che non aveva trovato, nel suo armadio fornitissimo, nulla che le piacesse. 
La gente si sveglia una mattina, si converte e decide di andare in Africa. Ok.
“E quando parti, Secca?” 
“Penso presto”.
“Bello. Non sai quanto mi piacerebbe!”.
A quel punto mi guarda in un modo che al solo pensarci mi fa venire i brividi anche adesso che lo scrivo. 
Tipo quelle santine inquietanti che ogni tanto si porta dietro mia nonna. Quelle che ti guardano con quello sguardo buono, buono e tu pensi “che vuoi da me, eh?”.
“Lo so, Emme. Ho sempre pensato che avresti fatto una scelta del genere prima o poi. E’ proprio da te!”.
Da me?! Da me che, fino all’ultima volta che mi hai visto, mettevano un “principessa” prima del nome? 
Da lì mi sono convinta che in qualche modo ha “sentito” il mio cambiamento. E da lì ho capito che dovevo smetterla di bere per quella sera.
Alla fine mi ha lasciato il numero. Mi ha detto di tenerci in contatto.
Anche per l’ Africa. Soprattutto per quella.
Ero tutta contenta, anche se era finito il Sex on the Beach. 
Ci siamo salutate pensando che, magari, in futuro ci vedremo in Africa o chissà in quale parte del mondo.
Quando se n’è andata, ho preso il telefono per salvare il numero.
Un secondo dopo, l’idillio era finito. “Merda, invece di salvare, ho cliccato su elimina numero”.
Addio Secca. Addio Africa. 
“Addio monti sorgenti dall’ acque, cime ineguali..”
Addio.