Colui che non deve essere nominato ogni tanto bussa alla porta di qualcuno ed entra in casa senza chiedere permesso.
Prende i quadri e li mette storti, cambia il colore delle fotografie, dipinge di grigio le pareti delle stanze e non gliene frega nulla se quella stanza, prima, era di un bel giallo accesso o rossa o arancione.
Colui che non deve essere nominato esiste, c'è, arriva e si porta via tutto.
Le risate, le speranze, la gioia, le promesse, i progetti.
Che un giorno sei lì che pensi a comprare la libreria nuova per i bambini e il giorno dopo ti ritrovi seduto per terra a guardare la parete vuota. Senza libreria, senza libri, senza futuro e senza rabbia.
Ti prende a braccetto e la gente ti vede che passeggi con lui e tu la vedi, la gente, che abbassa subito lo sguardo o si fa il segno della croce.
Come se un dio qualunque abbia davvero il potere di cambiare le cose.
Io che lo vedo, io che non sono la gente, mi faccio venire le palpitazioni, faccio la vaga e cerco di prendermi la rabbia degli altri per trasformarla in forza.
Non dormo la notte e faccio le ricerche su google: come cacciare di casa colui che non deve essere nominato.
Dodici anni fa era a casa mia, me lo ricordo.
Aveva la faccia gialla e i capelli a forma di cresta, le dita lunghe e magre, rideva con noi anche se non aveva la forza.
Ma dodici anni fa ero una bambina e a guardarlo negli occhi mi faceva paura.
Io che guardo lui che guarda me che guardo lui. Abbassavo lo sguardo perché non riuscivo a reggerlo.
Dodici anni dopo, oggi, non lo so se sono grande per lottare e fare il gioco di chi abbassa prima lo sguardo.
Lui c'è di nuovo e per due.
Ma questa volta non ci trova piccole, spreparate e sole.
Ci trova insieme e minimo se la dovrà vedere con più occhi, più braccia, più gambe, più cuori e più forza.
E se ne andrà. Per due.