lunedì 22 settembre 2014

Cose


Non ho niente da dire, ho finito le parole. 
Mi sembra di conoscerne giusto quattro in fila e di non poterne uscire da questa cosa.
Cosa, vedete. Non riesco a definire più nulla. 
C'è stato il tempo delle domande, delle richieste, delle giustificazioni.
Adesso c'è il tempo delle parole che mancano, dei cieli che cadono, delle case senza foto, di gelati mangiati piangendo e ridendo, di telefoni che non parlano ancora ma contengono le verità. 
É un anno nuovo e io stessa, probabilmente, sto prendendo coscienza di quanto sarà terribile, fantastico e straziante insieme.
Non so quale sarà la parte che predominerà: mettendole su un bilancino le novità brutte superano di gran lunga le belle novità.
Non vuol dire un cazzo, mi ripeto.
Mi brucia lo stomaco mentre penso a tutto quello che penso. 
Sapevo che partire, lasciarmi tutto alle spalle, avrebbe reso certi contorni meno sfocati.
Mi ci sono voluti venti giorni a Roma per fare pace con le mie budella, per convincermi che se qualcosa di sbagliato c'è (e ci sarà) non è solo con me che devo prendermela.
Adesso ho un collage di immagini che ripasso ogni tanto nella mia testa.
Adesso parlo cuore a cuore con una donna che mi ha raccontato le sue fragilità e mi ha fatto vedere il suo mondo, che se me l'avessero detto sette/otto mesi fa io mica ci avrei creduto e vi avrei detto siete pazzi, io che parlo con quella dei cazzi miei?
Invece, le cose succedono così come succede che ti arriva un'email e non hai voglia di chiamare nessuno, ma l'anno scorso alla stessa notizia avresti fatto i fuochi d'artificio, e allora fai lo screen shot al telefono e solo per dire che, guarda un po', mi sta capitando anche questo.
E con certe gente non ci parli proprio più o ci parli poco e con formalità, come farebbero due appena separati che mantengono rapporti civili solo perché aspettano la sentenza da un giudice.
Non voglio essere assolta, non me ne frega un cazzo di quello che dicono.
Esco il sabato sera struccata, il giovedì pomeriggio invece metto rimmel e rossetto rosso per poi prendermi la cazziata da chi ogni giorno mi augura il buongiorno.
Come se adesso, oggi, in questo momento, mi interessi davvero di lui e dei giochi di ruolo dove un giorno sono io a volerti e il giorno dopo sei tu.
E sono stanca, ma davvero, di capire dalle cose non dette, dei cuori, delle telefonate con la voce rotta dal pianto e dalle preoccupazioni.
Voglio una tregua.
Solo quella.



4 commenti:

  1. Se vuoi una tregua, devi prenderla tu, cara Emme.
    Inutile stare appresso ai giochi di ruolo, perché a volte peggiorano solo le cose, anche come mero pensiero.
    Vedrai: è un anno nuovo, una stagione nuova (anche astrologicamente)... pian piano l'equilibrio tornerà.

    Moz-

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  2. Vedi che le parole le hai trovate? E serve sempre andare a cercarle, perchè sono certa che, alla fine, hai trovato la tua piccola tregua.
    Un bacione Emme...era tantissimo che non ti leggevo ♥

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  3. Sì, la stanchezza, è quella che frega.
    Serve più semplicità, contorni più lineari, storie leggere. Che non è che sempre si ha voglia di imbrogliare e sbrogliare i legami con gli altri. Respira forte, passerà. :*

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  4. Prenditela, la tregua. Conceditela Emme. Le parole escono quando si riprende a sufficienza il fiato. Un sorriso da un lontano vicino.

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