Marzo è volato in un secondo. Un battito di ciglia, qualche brivido sulla pelle e puff!, siamo ad Aprile.
E’ arrivato il sole e me lo sono goduto tutto. Sdraiata su un prato a Roma e poi al paesello. Una reflex da imparare ad usare e tutta la voglia di rubare un po’ di colori a questa stagione, un po’ di odori, un po’ di bellezza.
Le maglie di cotone a righine, il gelato alla nocciola che cola sulle dita, gli occhiali da sole a coprire i segni delle notti insonni.
E’ il periodo dell’anno che amo di più in assoluto.
E poi mi sento serena, come se stessi andando, finalmente, nella direzione giusta.
Ho scritto poco, è vero, ma solo perché ho sentito il bisogno di leggere, ascoltare, guardare di più. Di immergermi nelle emozioni di altri per cercare di codificare le mie. E poi, mi capita ultimamente questa cosa strana e per me nuova, che ogni volta che scrivo mi viene la voglia di farlo leggere alla gente. Io, capite? Quella che s'è fatta un blog sotto pseudonimo perché farmi leggere era l'ultima cosa che volevo. Anche per il blog, mi verrebbe voglia di dirlo a un paio di persone. Tipo: "Quella sono io!". Ma niente, mi renderei vulnerabile e si sa che non sono capace.
Comunque, tornando a Marzo, avevo dimenticato cosa vuol dire “prima volta”, rimosso i vuoti allo stomaco, i formicolii alle gambe, l’incertezza del “chiamo oppure no”?
Non sono innamorata e non credo sarà mai amore. E allora?
Allora, non lo so.
So che è una cosa che mi farà male.
So che siamo diversi, che non c’entro niente io con lui e lui con me, che sto benissimo anche da sola.
So che a lui non interesserà mai davvero.
L’ho sempre saputo e l’ho scelto consapevolmente.
Io, che sono una maniaca del controllo, mi sono impigliata in una situazione poco chiara con una persona che sfugge. Sarà una specie di punizione divina, oppure semplicemente una lezione di vita. Imparerò da lui che non tutto si può avere in pugno, che non ha sempre senso analizzare e che c’è qualcosa di speciale anche nell’imprevisto.
Ovviamente, avevo detto che lui per me era un "mai" categorico. Che sì, è tanto interessante, anche carino ma non faceva per me. "Lo lascio alle ammiratrici sbavanti che gli vanno dietro", quante volte l'avrò detto?
Ovviamente, avevo detto che lui per me era un "mai" categorico. Che sì, è tanto interessante, anche carino ma non faceva per me. "Lo lascio alle ammiratrici sbavanti che gli vanno dietro", quante volte l'avrò detto?
In ogni caso, ancora adesso, non voglio niente. Neanche promesse facili.
Lui non capisce, probabilmente. Lui che chissà quante volte si sarà trovato in questa situazione, in lenzuola non sue con una che dimenticherà il giorno dopo. Lui che è un mondo da scoprire ma di cui non posso parlare mai con nessuno perché non sarebbe opportuno. E’ una "storia" tutta mia, da proteggere dagli altri che non capirebbero.
Lui che, magari, sarà solo un ricordo tra qualche mese.
Se chiudo gli occhi per un secondo, però, lo vedo quel sorriso. Gli occhi profondi e quel sorriso. E viene subito da ridere anche a me.
Stesa al sole, con il cuore che batte forte, me lo chiedo: “come ci sei arrivata a questo punto?”. Non trovo mai una risposta.
Il bello, alla fine, è anche questo: non trovare risposte ma non smettere di farsi domande.
Se scrivo di più, se sogno di più, se oso di più, in piccola parte è anche merito suo. Se non l’avessi mai incontrato e non mi fossi incuriosita dei discorsi che faceva, di questa cosa che è un segreto, probabilmente in questo momento starei vivendo un’altra vita.
Un po’ “Sliding doors”.
Ecco, se io quel giorno fossi restata a casina mia non ci sarebbe nessun blog, nessuna partenza da organizzare, neanche un paio di obiettivi da realizzare. Non ci sarebbe neanche questo post che non parla di niente.
Ecco, se io quel giorno fossi restata a casina mia non ci sarebbe nessun blog, nessuna partenza da organizzare, neanche un paio di obiettivi da realizzare. Non ci sarebbe neanche questo post che non parla di niente.
Lui non c’entra niente con me, mi farà male ma, senza dubbio quest’anno, è stata la cosa migliore che mi sia capitata.